Dark Souls: un’epopea a volto coperto

Dark Souls 2 2

Canzone consigliata durante la lettura: Two Steps from Hell, Heart of Courage.

Avvertenza: l’articolo potrebbe contenere spoiler relativi al videogioco menzionato nel titolo. Nulla di grave; nessuna rivelazione a tradimento del finale o di elementi focali della trama. I puristi assoluti dello spoiler, tuttavia, potrebbero essere disturbati dalle menzioni anzitempo di alcuni elementi del gioco. Uomo avvisato…

Domanda: i videogiochi possono assurgere al ruolo di opera d’arte, o perlomeno eludere la connotazione da molti loro attribuita di “perdite di tempo malsane”, “esborsi di denaro inutile” e “istigatori di stragi armate”? Possono guadagnarsi attenzioni “critiche” paragonabili a quelle dedicate a film, romanzi e di recente anche serie TV?

Io credo di sì. E con l’articolo odierno tenterò un passo in questa direzione.

L’ormai leggermente attempato Dark Souls[1]è un videogioco del 2011 prodotto dalla casa giapponese FromSoftware; un videogioco che, dietro l’autorialità diffusa propria di ogni prodotto videoludico, presenta la forte “firma” di Hidetaka Miyazaki[2]. La produzione nipponica, va detto, sembra quasi ininfluente sull’atmosfera del gioco: i luoghi, i personaggi e gli oggetti sono connotati in maniera fortemente occidentale, lontani da quegli eccessi (in positivo o in negativo) che caratterizzano gli universi finzionali tipici del Sol Levante. Unico marchio distintivo della produzione orientale? La difficoltà. Elevata, punitiva, talvolta snervante; degna della migliore tradizione Nintendo.

Dark Soul Fan Art, Lordran Judson Cowan
Questa bellissima fan art del disegnatore Lordran Judson Cowan mostra i i mondi di Dark Souls. Nonostante non sia completamente fedele, è un magnifico esempio della straordinaria varietò dell’universo del videogame.

All’alba dei tempi, c’era l’oscurità. Il mondo, spoglia distesa di pietre e mastodontici alberi, trascorreva una monotona esistenza sotto il dominio dei draghi, rettili immortali antichi quanto il creato stesso. Poi, improvvisamente, fu: dal nulla sorse la Prima Fiamma, e dal suo caldo abbraccio le anime dei Lord; quattro potenti essenze in grado di garantire ai proprietari facoltà pressoché divine. Raggiunta l’apoteosi tramite questi dei ex machina più antichi della storia stessa, Lord Gwyn e due degli altri Lord bandirono i draghi dal mondo, fondando il regno di Lordran e dando inizio alla prosperosa Era del Fuoco.

Un quarto Lord, un essere “facilmente dimenticabile”, rifiutò la chiamata alle armi, limitandosi a scomparire senza una parola dalla storia dei vincitori: si trattava del Pigmeo Furtivo, colui che in sorte aveva avuto l’Anima Oscura; unica persino tra le altre. Il potere degli altri tre Lord, tuttavia, non era destinato a durare: la Prima Fiamma vacillava, sempre più flebile, avvalorando la minaccia della fine dell’Era del Fuoco e, con essa, dell’avvento di una nuova Era del’Oscurità. Come rimediare? Come combattere l’ineluttabile?

Le premesse del gioco qui esposte non presentano particolari variazioni rispetto alla ridondanza che affligge la quasi totalità del fantasy odierno[3]. A distinguersi in maniera netta e profonda è l’apparato concettuale che su tali premesse si fonda. A contrapporsi all’Era del Fuoco, all’Era degli Dei, non è una più o meno stereotipata progenie di diavoli, angeli caduti o divinità bandite: l’Era dell’Oscurità che incombe sull’intero gioco è quella degli uomini, degli esseri umani. L’umanità, viscosa fonte di sostentamento comune sia agli uomini veri e propri che ai non morti, putrescenti sagome antropomorfe frutto di un qualche errore divino[4], altro non è che un infinitesimale frammento dell’Anima Oscura, di quell’anima che il trascurato Pigmeo ha diviso tra i suoi successori; andando a configurarsi come leggendario Adamo dell’universo di Dark Souls.

A tali aspetti è associata la figura dell’uomo: oscurità, decadenza, declino. Esso si configura come entropico cataclisma destinato a sconvolgere un universo che ha raggiunto una sua pur fugace forma di perfezione. Persino l’Abisso, pericolosa e sterminata desolazione la cui sostanza pare essere la mancanza assoluta di qualunque cosa, sembra strettamente connessa all’umanità; proiezione esterna del suo deserto interiore. Nell’ottica in cui il gioco ci propone tali associazioni, tuttavia, l’oscurità non è che una naturale conseguenza della luce, una sua gemella inscindibile: l’ombra proiettata a terra dalle calde fiamme di un braciere, se vogliamo. Oscurità e fuoco, di fatto, si configurano come i due poli intorno ai quali Dark Souls è articolato.

Dark Souls
Quello che succede davanti a un falò, rimane davanti a un falò. Chiaro?

Il fuoco stesso, e la luce più in generale, assumono un caleidoscopio di forme diverse: rincuorante falò al calore del quale riposare le proprie stanche ossa[5] e trovare momentanea tregua dai pericoli del mondo circostante in quello che è al contempo splendido elemento d’atmosfera e azzeccatissima meccanica di gioco; grezza ma efficace piromanzia che della fiamma abbraccia l’essenza più primitiva; energia solare manifestata come elettricità che i più fedeli servitori di Gwyn, novelli e glabri Zeus, scagliano nella forma di giavellotti.

Il mondo di Dark Souls è un universo epico, un luogo presso cui tutta una nutrita schiera di eroi, avventurieri e farabutti vari sono divenuti materia delle leggende. Eppure, il progressivo spegnimento della Prima Fiamma e i goffi tentativi di rimandare l’inevitabile hanno mischiato le carte: il flusso temporale di Lordran è distorto, epoche diverse convergono l’una sull’altra e vanno accavallandosi senza soluzione di continuità. Universi diversi si incontrano in una cronologia priva di regole, permettendo l’interazione dei loro abitanti. Tali caratteristiche, accennate in maniera abbastanza marginale, ci permettono di affrontare le parti più ostiche dell’avventura al fianco di figure che dal tempo di gioco distano millenni. Eroi rigurgitati da un’altra epoca, già reduci dalle loro sfide e forse già deceduti; figure iliadiche che tornano a calcare la terra di Lordran per assisterci in un’impresa che pare troppo grande per un singolo, vulnerabile protagonista.

La statura epica di molti personaggi è evidenziata anche dalla loro pressoché totale mancanza di fattezze, celate attentamente dietro armature ed elmi elaborati che sembrano proiettare i loro proprietari verso dimensioni sovra-umane, sminuendo la loro identità individuale per annoverarli in un pantheon mitico e indefinito.

Quella del “volto coperto” risulta essere una delle costanti più distintive del mondo di Dark Souls; una costante che non si limita solo alla stragrande maggioranza dei personaggi e, probabilmente, al nostro eroe. L’intera vicenda del gioco, si potrebbe dire, è narrata “a volto coperto”: gran parte di quanto è stato detto finora, di fatto, non è dichiarato esplicitamente in Dark Souls; l’unica e più precisa fonte di narrazione, il filmato introduttivo, si limita a una rapida panoramica di ciò che è stato prima.

Buongiorno, mi dica. Come? No, signore, mi spiace, per oggi abbiamo esaurito le scorte di figaggine disponibili: abbiamo venduto tutto ad un certo signor Souls. Le dice niente?
Buongiorno, mi dica. Come? No, signore, mi spiace, per oggi abbiamo esaurito le scorte di figaggine disponibili: abbiamo venduto tutto ad un certo signor Souls. Le dice niente?

Il gioco non ci offre che poche briciole di pane della sua trama e del suo lore, dimostrandosi parco di informazioni anche nel dirci, banalmente, dove andare e perché ci stiamo andando. Starà a noi, alla nostra iniziativa e alla nostra curiosità individuale, ricostruire i tasselli del mondo di gioco tramite un caleidoscopio di indizi più o meno vaghi: dalle caratteristiche dell’ambientazione passando per le criptiche e spesso provocatorie parole dei personaggi non giocanti, fino alle intriganti descrizioni delle decine e decine di oggetti nei quali incapperemo nel corso dell’avventura.

Ricostruire, sì, ma anche ipotizzare, dedurre, immaginare: quello di Dark Souls è un universo così ermetico da risultare immediatamente aperto alle teorizzazioni e alle trovate della massa dei suoi giocatori. È un prodotto che trova gran parte della sua raison d’être e del suo incredibile fascino nel mare di teorie, discussioni e ipotesi sviluppato intorno a esso; un prodotto che premia il giocatore attento, inventivo e interessato al lore facendone al contempo fruitore e artista dell’opera[6].

Farei un torto a Dark Souls se non indugiassi in una pur fulminea descrizione della splendida ambientazione, di un mondo fantasy squisitamente congegnato i cui particolari più incisivi, vero fulcro di ogni area, finiscono per essere più e più volte rimessi sotto gli occhi del giocatore dall’infernale livello di difficoltà.

I grezzi ambienti medievali del Borgo dei non morti e della relativa Chiesa lasciano spazio, superata la barbarica ordalia della Fortezza di Sen dai mille tranelli[7], ad Anor Londo, una delle viste videoludiche più impressionanti degli ultimi anni: maestosa città-cattedrale circondata da una colossale muraglia, un mare di guglie slanciate che si erge sotto un cielo fissato in un tramonto perenne. Veramente uno spettacolo.

Dark Souls

Contraltare ideale di Anor Londo, ambiente di massima luminosità e più alto emblema del fuoco, credo sia la Tomba dei Giganti, dominio assoluto delle tenebre: al suo interno vige l’oscurità più totale, e a poco valgono le flebili luci fatate sparse per il livello o i modesti mezzi di illuminazione portatile del protagonista. La maestosità della Tomba dei Giganti risiede nella sua mancanza di visibilità, nei costrutti mentali che si vanno creando nel contemplare quei pochi, essenziali tratti esposti alla nostra debole vista dall’ambiente; da un ambiente che è prima di tutto produttore di minacce inaspettate, invisibili fino al momento in cui i loro arti scheletrici si abbattono su di noi.

Una fugace, fugacissima menzione dell’aspetto sonoro, fatta da uno che ci sente abbastanza poco e che di musica capisce come di fisica nucleare: è bello. Molto bello[8]. Lasciandoci concentrare per la quasi totalità della nostra avventura sui suoni d’atmosfera propri delle varie zone e su un silenzio carico di tensione, la musica esploderà durante le epiche boss fight, momenti focali del gioco: le adrenaliniche lotte all’ultimo sangue contro nemici di ogni tipo saranno accompagnate da una miriade di pezzi musicali diversi, tutti meravigliosamente orchestrati e perfettamente calzanti ai vari momenti.

Penso non ci sia altro da dire.

Concludendo l’articolo odierno mi avvedo di aver inserito un numero inferiore alla norma delle mie usuali caz***e. Tenterò di rifarmi con queste immagini buffe di un cane shiba dai pensieri sgrammaticati[9].

Doge meme

 

davide cioffrese
Davide Cioffrese

Eclettico nella mia conoscenza del nulla, narcisista nella misura in cui il mio ego non incontra quello degli altri, più sensibile agli attacchi emotivi di opere fittizie che a quelli del libro/film/ videogioco chiamato “vita” (aspetto alquanto allarmante). Tento di approcciarmi al mondo nella maniera più amichevole possibile, ma se di dovere (e, talvolta, a sproposito) non mi faccio scrupoli ad attaccarlo con eguale ferocia. Salvo poi, magari, sentirmi dispiaciuto al riguardo. Non aspettatevi che lo confessi, comunque. Jack of… some trades, master of none… in particular.