The Tolkien Ensemble: l’arte di mettere le parole in musica

The Tolkien Ensemble; l'illustrazione della Regina Margherita

J.R.R. Tolkien è stato uno dei più grandi narratori del XX secolo, uno spartiacque nella storia della letteratura. Meno noto e riconosciuto è quanto il Professore sia stato poliedrico e variegato nei suoi talenti: anche tralasciando la carriera accademica e la produzione saggistica – che pure ne fanno uno degli studiosi più importanti della cultura anglosassone e germanica – Tolkien è stato disegnatore e illustratore, creatore di linguaggi artificiali per proprio diletto, poeta oltre che romanziere. La stessa produzione letteraria di Tolkien è di difficile categorizzazione, e sfugge alla maggior parte dei criteri dei critici. Non a caso George R.R. Martin, da molti considerato il Tolkien americano, nel riconoscere la sua influenza lo ha definito «la montagna che si staglia sopra ogni altro fantasy scritto da allora».

Anche dal punto di vista formale il magnum opus[1] del Professore, Il Signore degli Anelli, risulta un testo di difficile definizione: una sublime, e forse proprio per questo irripetuta, commistione di materia epica raccontata in forma di romanzo, un racconto cavalleresco affiancato da occasionali sprazzi di commedia bucolica, un mastodontico canto in prosa intervallato da numerosi intermezzi verseggiati.

Proprio questi si sono rivelati sovente croce e delizia dei lettori di Tolkien, rigettando indietro i neofiti sconcertati e respinti e avvincendo al contrario i seguaci più appassionati. Non è infrequente imbattersi in lettori ai primi passi con Tolkien che seguono il racconto saltando sistematicamente le canzoni e le poesie. Ironicamente, faceva così lo stesso Professore, come lui stesso confessa[2]. Pure, è proprio in esse che emerge tutta l’abilità di Tolkien di impiegare registri lirici e linguistici diversi, illustrando nella forma oltre che nel contenuto la stupefacente varietà e vastità della Terra-di-Mezzo.

Del resto, non deve stupire che Il Signore degli Anelli sia così ricco di musica e di poesia: queste arti pervadono sia il resto del Legendarium tolkieniano sia le saghe tradizionali che lo hanno ispirato. L’arte e la musica sono per Tolkien i modi in cui si esprimono l’incanto e la magia degli Elfi, o meglio la profondità sublime delle arti elfiche è tale da farle sembrare magia agli sguardi stupiti delle Razze più giovani, come argomentato in quel saggio tanto fondamentale quanto colpevolmente ignorato che è Sulle fiabe. 

Del resto, nei runot del Kalevala – il grande poema mitico finlandese, che Tolkien amò e lesse in originale – canto e magia sono coincidenti e indistinguibili: lo stregone desideroso di imporre il suo potere sul mondo che lo circonda canta, e il suo canto ha potere su ciò che menziona perché ne ripercorre la storia e l’origine in una pratica sapienziale, ma anche in virtù del potere intrinseco e recondito della musica stessa. E non si può ignorare che la stessa Terra-di-Mezzo ha inizio nel canto: nell’Ainulindalë, il principio della cosmogonia tolkieniana, la Realtà stessa viene modellata, plasmata e portata ad essere – anzi, all’Essere – dal canto degli Ainur, le potenze angeliche, e la loro Musica e i temi che hanno illustrato prefigurano l’esistenza della Creazione e il suo sviluppo.

Da queste premesse, è conseguenza necessaria che il mondo della Terra-di-Mezzo, e la sua traduzione letteraria, siano pervasi di musica e poesia. Purtroppo, per sua natura la forma letteraria scritta non si presta a restituire direttamente la sonorità e la melodia, e può solamente evocarla ed adombrarla con le sue descrizioni. Lo stesso Tolkien si doleva di questa contraddizione, e trascorse i suoi ultimi dieci anni a ragionare sulla possibilità di musicare tutti i canti che aveva composto. Il Professore fu così entusiasta quando nel 1965 lo contattò il musicista Donald Swann, che aveva musicato alcune poesie da Il Signore degli Anelli e voleva chiedere la sua approvazione. Tolkien approvò e suggerì alcune modifiche, e nel 1967 veniva pubblicato, nella doppia veste di libro di partiture e disco, The Road Goes Ever On: a Song Cycle, un primo tentativo di dare vita alle melodie tolkieniane.

The Road Goes Ever On è però rimasto un progetto isolato e limitato. Pur potendo vantare di essere stata la prima messa in musica di Tolkien, raccoglieva un campione troppo esiguo della sua produzione per poter essere qualcosa di più di una curiosità. Similmente infruttuoso fu l’adattamento animato de Il Signore degli Anelli per la regia di Ralph Bakshi, la prima trasposizione di Tolkien al cinema: la colonna sonora di Leonard Rosenman fu giudicata poco attinente alle atmosfere del romanzo; la necessità di ridurre l’opera costrinse a lasciare non trasposto molto materiale, incluse le poesie; infine, la decisione dei produttori di non proseguire l’adattamento lasciando la storia incompleta sembrò sancire definitivamente l’impossibilità di portare Tolkien fuori dalla pagina scritta.

Ed è qui che, inaspettatamente e contro ogni speranza, arriva The Tolkien Ensemble. 

Fondato nell’autunno del 1995 a Copenaghen, il Tolkien Ensemble nasce dall’incontro tra il compositore Caspar Reiff e il suo precedente insegnante di chitarra Peter Hall. Insieme ad altri compagni dell’Accademia reale danese di musica, Reiff e Hall si proposero fin da subito l’ambizioso obiettivo fin allora rimasto insoddisfatto: presentare la prima interpretazione musicale completa del repertorio poetico de Il Signore degli Anelli. La stessa scelta di intitolare il nome del loro gruppo direttamente a Tolkien voleva essere un segno di dedizione al Professore e alla sua opera.

Il gruppo debuttò verso la fine del 1995 con una composizione alquanto ridotta – oltre ai due fondatori, la violinista Mette Tjærby, la pianista Anja Reiff, sorella di Caspar, i baritoni Mads Thiemann e Ole Norup e il mezzo soprano Signe Asmussen – ma si conquistò fin da subito un sempre maggior successo, che li portò a numerosi ed apprezzati concerti per tutta la Danimarca nel corso dell’anno seguente. Alle crescenti richieste di registrazioni delle loro performance, Reiff contattò la Tolkien Estate per chiedere l’autorizzazione ufficiale a musicare le poesie de Il Signore degli Anelli e incidere un disco. Nel 1997, non solo la Tolkien Estate approvò il progetto, ma il gruppo si guadagnò una sostenitrice d’eccezione: nientemeno che Sua Maestà la regina Margherita II di Danimarca, grande appassionata di Tolkien fin dalla gioventù ed autrice delle illustrazioni per l’edizione danese del romanzo[3], di cui concedeva al Tolkien Ensemble la facoltà di utilizzarle come copertina del loro disco.

Nel frattempo il gruppo si strutturava meglio: non solo aumentava l’organico di fronte alla nuova sfida, ma veniva coinvolto come produttore del disco il direttore e violinista Morten Ryelund, che in seguito sarebbe diventato un membro permanente ed una colonna portante del Tolkien Ensemble; al contempo, Reiff e Hall si erano spartiti i brani da comporre, affidando al primo quelli di sapore più classico ed al secondo quelli dalle note maggiormente folk, con notevole guadagno. Alla fine, l’autunno del 1997 vide l’uscita di A Evening in Rivendell, con l’impegno di trenta musicisti e la presentazione di dodici canzoni tratte dal romanzo. Il successo dell’albo fu travolgente, sia in Danimarca che all’estero, al punto che il Tolkien Ensemble fu invitato a Oxford per tenere un concerto per la Tolkien Society. Priscilla Tolkien, figlia del Professore, commentò l’esibizione con le parole: «Era come se Galadriel fosse in mezzo a noi…».

Forti di questo successo, Reiff, Hall e Ryelund continuarono il loro impegno, reclutando nuovi partecipanti ed adattando altre dodici composizioni di Tolkien, più sobrie e cupe, per il loro secondo disco, conseguentemente intitolato A Night in Rivendell. Uscito nell’anno 2000, l’albo godeva ancora delle illustrazioni della regina e riscosse nuovamente un ampio successo. Ma è il nuovo millennio a fornire l’occasione e la possibilità di concludere l’opera, con l’aiuto di un alleato eccezionale ed imprevisto. In quel frangente, infatti, Il Signore degli Anelli abbandonava la nicchia degli appassionati per essere scoperto ed amato dal pubblico di massa grazie alla pluripremiata trasposizione cinematografica di Peter Jackson: dopo anni in cui Tolkien era stato letto ed apprezzato unicamente dai nerd, l’impresa di Frodo e della Compagnia raggiunse e affascinò lo spettatore casuale, segnando una nuova discontinuità nella storia del cinema e della letteratura fantastica. L’eccitazione per quell’evento ritenuto – a buon diritto – capitale toccò tutti gli ambiti del mondo tolkieniano, e non poteva lasciare indenne l’Ensemble: i primi due albi furono riuniti e ripubblicati, in attesa della lavorazione del terzo, e i membri del gruppo furono invitati a presenziare alla première de La Compagnia dell’Anello a Copenaghen.

Tra le celebrità presenti per l’occasione figurava anche sir Christopher Lee, leggenda del cinema britannico ed interprete dello stregone Saruman nella trilogia di Peter Jackson. Il Tolkien Ensemble poté così mettersi in contatto con l’attore per domandargli di partecipare al progetto, prefigurando per lui il ruolo di narratore e la recita di quelle poesie che il romanzo non indicava come musicate. Ma Christopher Lee tra i molti suoi talenti vantava anche una voce fenomenale ed una formazione da cantate d’opera[4], e dunque gli fu affidata la parte di Barbalbero come solista. Vedeva così la luce nel 2002 At Dawn in Rivendell, con la partecipazione di Christopher Lee ed un successo ancora più grande ed entusiasta. Con il successivo quarto albo, Leaving Rivendell, venivano incise le canzoni rimanenti, e il Tolkien Ensemble cominciò numerose tournée per l’Europa fino al 2013. Nel 2006, il progetto trovò infine coronamento dopo più di dieci anni di lavoro: con la pubblicazione del cofanetto The Tolkien Ensemble & Christopher Lee: Complete Songs and Poems, erano finalmente musicati, riordinati e raccolti tutti i brani presenti ne Il Signore degli Anelli.

Come abbiamo visto, Reif e Hall non furono i primi a voler musicare le poesie di Tolkien, e non sono stati nemmeno gli ultimi. Il successo trionfale incontrato dalla trilogia di Jackson è stato l’apripista per una diffusione su larga scala del racconto fantastico ben oltre i confini in cui era stato costretto, e gli appassionati di Tolkien poterono esprimere il loro amore per la Terra-di-Mezzo con una libertà fin lì inconcepibile.

La diffusione nei due decenni seguenti dei social media permise inoltre a molti artisti dilettanti o professionisti di rilasciare pubblicamente sul web le loro interpretazioni di brani famosi, come omaggio all’artista o divertimento disimpegnato. Su YouTube oggi si trovano numerosi musicisti e cantanti che hanno ricreato brani iconici di opere da loro amate; a volte alcuni di loro hanno presentato composizioni originali, create ex novo a partire dai non detti dell’opera di partenza. Per Tolkien, questo ha voluto dire cover della colonna sonora dei film, nuove versioni delle canzoni de Il Signore degli Anelli o primi adattamenti dei brani non ancora musicati de Lo Hobbit e de Il Silmarillion, ed anche composizioni inedite da parte di numerosi autori.

Ma tra tutti loro il Tolkien Ensemble si distingue per compiutezza e grazia. Non solo la loro trasposizione è l’unica ad aver compiuto un disegno organico, ma si distingue anche per la profondità e la fedeltà. Il grande pregio della messa in musica non è tanto aver donato il suono ai versi di Tolkien, ma di averne restituito la varietà: ognuna delle composizioni di Reiff e Hall dimostra la propria origine nella sonorità, nei ritmi e nelle atmosfere. I brani di composizione hobbit godono di una spontaneità e di un brio che li rende ben distinti dal tono quasi religioso dei canti elfici, i poemi di Rohan trasmettono tutta la nostalgia ed il senso di tramonto con cui Tolkien li aveva presentati tra le pagine del libro, le profezie impongono un gelido senso di minaccia. Non a caso fin dal loro debutto i membri dell’Ensemble vennero riconosciuti come qualcosa di inedito nel panorama dei fan, al punto che David Bratman, uno dei più autorevoli studiosi tolkieniani, li ha definiti come «raffinati elfi, a differenza di altri gruppi dall’ethos più hobbit»[5].

Nell’interpretazione del Tolkien Ensemble, le parole del Professore rinascono a nuova vita e cantano con una nuova voce, fin lì muta, ci deliziano con mille toni e risuonano di gioia vibrante. Avendo preceduto i film, questi brani si mostrano indipendenti dalla pur magnifica colonna sonora di Howard Shore e restituiscono le atmosfere evocate dalla pagina scritta. La Terra-di-Mezzo ritorna nella musica in tutta la sua vastità e varietà, in nobiltà ed allegrezza come in cordoglio e sfida. Quei canti che avevamo potuto solo immaginare trovano corpo e vigore, e risuonano di ammirazione e rispetto. Con la fine dei tour e la morte di Christopher Lee nel 2015, rimangono accreditati sette membri permanenti dell’Ensemble – Caspar Reiff e Peter Hall, Signe Asmussen, Øyvind Ougaard, Katja Nielsen e Morten Ryelund – ma la loro eredità rimarrà fin quando qualcuno leggerà i libri di Tolkien.

 

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Immagine di apertura: Copertina del cofanetto The Tolkien Ensemble & Christopher Lee: Complete Songs and Poems, 2006. Illustrazione di Sua Maestà la regina Margherita II di Danimarca.

Alessandro Sergio Martino Gentile, autore di Storie Sepolte
Alessandro Sergio Martino Gentile

Quando ero bambino, chiedevo che mi raccontassero delle storie. Mi affascinavano tutte, dai miti greci ai racconti dei cavalieri, dalle fiabe alle avventure di pirati. L'esito inevitabile era finire a studiare la Storia, con la s maiuscola, per tentare di capire da dove veniamo. Nel frattempo sono stato maestro di scuola e volontario del servizio civile, e collaboro dentro e fuori il palco del teatro con Associazione Studio Novecento. Amo il silenzio e la musica classica, la lettura e le camminate, la buona cucina di mano mia o altrui.