“Qual è il contrario della solitudine Kadir?”
“Il mare Rais”
Rais di Simone Perotti, edito da Frassinelli l’ottobre scorso, è un romanzo-mondo.
L’autore affronta diverse tematiche, dedicando particolare spazio al concetto di libertà, a cosa essa significhi per gli uomini e quale sia, in ultima analisi, il prezzo per ottenerla, i sacrifici che si devono fare. A questa si somma la necessità, le necessità a cui non possiamo, non sappiamo sottrarci e che, a nostra volta, sempre cerchiamo: la necessità del nemico, che ci conduce a superare i nostri limiti, la nostra mediocrità; la necessità della guerra, aspramente condannata dall’autore eppure cancro[1]che ha riempito d’inchiostro le pagine di storia.
Rais di Simone Perotti è un romanzo-storico.
Narra le vicende di Dragut Rais, ancora oggi salutato come la spada vendicatrice dell’Islam, considerato dallo stesso autore il più grande pirata ottomano mai esistito, sicuramente uno dei più sanguinari ed efferati che abbiano solcato il Mediterraneo. Alla sua storia, spesso balzata a piè pari nei programmi scolastici, lega quella della scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo e dei successivi viaggi di scoperta effettuati nei primi anni del XVI secolo da diversi viaggiatori europei, delineando con occhio acuto e spirito critico il fermento di un’epoca, gli enormi cambiamenti a cui dovettero abituarsi gli uomini in quei decenni. Ricostruisce, inoltre, la storia del Kitab-i-bahriye, ovvero il Libro del mare vergato da Piri Rais nel 1513 per conto di Selim I, sultano dell’impero ottomano: secondo questo lavoro quando Colombo intraprese il suo primo viaggio verso le Indie sapeva perfettamente dove stesse andando.
Dunque l’autore riesce a cogliere perfettamente l’epoca di cui scrive, riesce a consegnare al lettore il ritratto di figure storiche – come quella di Andrea Doria – con grande naturalezza. Il suo è un lavoro frutto di ricerche che lo hanno condotto in tutto il mediterraneo per un lasso di tempo di circa nove anni.
Rais di Simone Perotti è stato definito dallo stesso come un romanzo esistenziale.
Tra le sue pagine emergono, compiutamente distinti, i ritratti di personaggi complessi molto distanti, per certi versi tra di loro. Di Dragut Rais è ricostruita la tumultuosa vicenda biografica della quale, peraltro, lo stesso traccia un crudele e disincantato (consapevole) bilancio in un dialogo, dalla connotazione teatrale, con il suo servo Kadir. Queste pagine sono piene zeppe di massime da segnarsi, pensieri formulati sempre in maniera nuova e originale, in infinite declinazioni e sfaccettature.
Il personaggio, il cui punto di vista e la cui vicenda sembra prevaricare su quella degli altri, è Bora, l’unica presenza femminile che riempie di sé, del suo sguardo, le imprese raccontate. L’autore, come ha dichiarato sia in alcune interviste che in occasione delle presentazioni del romanzo, ha sentito la sua figura come la più vicina, prossima, alla quale ha sacrificato diverse pagine che inizialmente voleva dedicare agli altri protagonisti dell’epopea mediterranea.
Bora, in effetti, merita qualche riga in più.
Schiava di origini balcaniche, bella, di quella bellezza che richiama i canoni estetici propri dell’epica classica (lunghi capelli biondi, pelle chiara) e che permette di accostarla alla Didone virgiliana, è confinata per tutto l’arco della sua esistenza su un isola, sublimazione della figura esotica che è non solo amante ardente ma pure intellettuale entusiasta e curiosa di ogni argomento e dottrina. Attraverso di lei, di fatti, Perotti ricostruisce un’epica, una mitologia delle origini che pone al centro la figura del pirata, il ruolo svolto dagli uomini di mare nel corso dei secoli. Risale sino ai mitici popoli del mare.
Il terzo dei personaggi principali è una spia, un cavaliere sulle spalle del quale grava uno dei più grandi segreti di un epoca.
Rais di Simone Perotti, così come appare al lettore, è “un romanzo di romanzi possibili”.
Le vicende di Dragut, di Bora e della spia si intrecciano nello spazio e nel tempo, in una serie (quasi) perfetta fatta di corsi e ricorsi in cui, a distanza di innumerevoli pagine, possiamo rivivere gli stessi fatti dall’altra parte delle costa. È un romanzo denso e non molto semplice da leggere, vario e sfaccettato, pregno di una letterarietà che oggi è molto difficile da trovare nei romanzi che colmano gli scaffali delle nostre librerie.
Ciò avviene perché nelle intenzioni dell’autore non c’è alcuna voglia di presentare al lettore un’opera semplice, che lo assista e lo guidi punto per punto nella lettura, nel corso della vicenda narrata. Non è presente alcuna semplificazione sia al livello narrativo che al livello stilistico. Lo dimostra, a riguardo, l’eclettismo di Perotti che riesce a far star bene, nelle stesse pagine, stili di scrittura diversi, punti di vista altri senza appiattirli su un unico registro.
Certo, in diversi punti risulta piuttosto ridondante, se non addirittura ripetitivo e compiaciuto.
Rais, in definitiva, non è un romanzo perfetto ma è, fa parte insomma, di quell’insieme di opere che sono letteratura e non semplice narrativa, un romanzo che induce ad una molteplicità di riflessioni che – e questo è il suo più grande merito – non possiamo scrollarci di dosso una volta letta la parola fine.
Se l’articolo ti è piaciuto, leggi anche: Dial Q for “Q”, di Luther Blissett
Simone Perotti è nato a Frascati nel 1965. Autore di numerosi saggi (Adesso basta – Lasciare il lavoro e cambiare vita, Chiarelettere 2009) e romanzi (Uomini senza vento, Garzanti Libri 2010) è inoltre l’ideatore e il co-fondatore di Progetto Mediterranea, spedizione nautica, culturale e scientifica con cui sta viaggiando in tutto il Mediterraneo.