Il pittore fulminato: Johann Moritz Rugendas raccontato da César Aira

Cesar Aira Il pittore fulminato

Nei suoi quadri la semplicità avvolgeva ogni cosa, e conferiva all’opera uno splendore di madreperla e la luce di una giornata primaverile.

Agli inizi dell’Ottocento, in un mondo già fatto ma ancora tutto da costruire, Johann Moritz Rugendas, giovane artista tedesco, erede di una generazione di pittori di genere, attraversa la selvaggia Argentina con un altro pittore, l’amico Krause, un ottimo compagno di viaggio per il talento discreto e l’immensa sollecitudine.

Rugendas utilizza, tra le altre, la tecnica dei bozzetti ad olio – ben mezzo secolo prima che gli Impressionisti ne facessero un uso sistematico, motivo per il quale può esserne considerato uno dei precursori – per rappresentare l’eccezionale della natura mediante l’uso del processo fisiognomico della natura. Questo viaggio è molto avventuroso, e porta Rugendas ad essere in più occasioni spettatore inerme del suo stesso destino, vittima di circostanze intempestive che non può controllare in alcun modo.

Ne Il pittore fulminato, l’autore, César Aira, riesce con maestria a descrivere e rendere partecipi tutti i suoi lettori dei meccanismi del processo creativo, coinvolgendo anche, e forse in particolare, coloro che sono ne sono avulsi. Trasmette con struggente intensità non solo l’urgenza di dipingere e catturare attimi che fa superare al pittore ogni ostacolo, spingendolo ad avventurarsi in paesaggi tanto maestosi quanto ostili, ma anche i momenti di dubbio che egli attraversa. Rugendas riflette infatti sulla fugacità del proprio talento, che potrebbe abbandonarlo, lasciandolo naufrago nel vasto mondo; tale pensiero lo spinge ad andare alla ricerca del volto nascosto della sua stessa arte, che indaga nelle sue sfumature più sottili.

Rugendas e Krause sono catturati dalle mirabili visioni argentine di cui tutti, in Europa, aspettano di vedere delle rappresentazioni per potersi finalmente riempire lo sguardo della natura esotica del Sudamerica, tanto di moda in quel periodo; cavalcano per rendere eterni attimi fugaci come le razzie nei villaggi compiute da indios dalla violenza tumultuosa. Il trucco di tutto è ossimorico: cercare di cogliere il realismo con naturalezza.

Johan Moritz Rugendas

Alcuni passaggi sono avvolti delle tinte dell’onirico, e le descrizioni sono così poetiche da meritare una seconda e poi una terza rilettura; solo così se ne può cogliere l’essenza.

Nei corsi d’acqua c’erano molluschi simili a sirene, e il fondo era solcato da legioni di salmoni rosa grandi come vitelli, che risalivano sempre la corrente. Il verde scurissimo delle araucarie si chiudeva su un nero vellutato o si apriva su panorami di altezze che sembravano sempre sottosopra.

Linee discontinue dagli angoli impossibili, alberi che crescevano al contrario sotto tettoie di roccia, declivi che sprofondavano in tendaggi di neve, sotto un sole cocente. E lance di pioggia che si conficcavano in nuvolette gialle, agate coperte di muschio, biancospini rosa. Il puma, la lepre e la biscia erano l’aristocrazia della montagna.

Quella sull’arte e sulla fragilità del talento non è l’unica delle riflessioni che intervallano il racconto. Gli interrogativi del pittore affondano le loro radici nell’esperienza più concreta per poi tramutarsi in intricati dilemmi, e spaziano dalle domande esistenziali ad altre di più immediata applicazione, come la modalità di trasmissione delle proprie sensazioni, che varia a seconda dell’interlocutore.

Cesar Aira Il pittore fulminato

Rugendas mantiene una fitta corrispondenza con i personaggi più svariati, a ciascuno dei quali racconta diverse sfaccettature dei medesimi episodi, arrivando in alcuni casi alla sublimazione delle proprie esperienze, spinto da un’intima necessità di esprimersi. Si accorge però di non riuscire a raccontarsi completamente nemmeno alla sorella, con la quale è di una sincerità cristallina nella descrizione dei moti del proprio animo. Pur cercando di riportare su carta le idee in modo esplicito e meticoloso, non riesce a fondere tutte le sfaccettature che comunica agli altri e quelle ancora mai narrate: il suo vissuto è sfuggente persino a lui stesso.

Sorge spontanea allora una riflessione: ci sono esperienze così forti – in questo caso fulminanti – da non poter essere in alcun modo raggiunte e catturate nella loro essenza dalle nostre parole?

Probabilmente la risposta è sì. Anche se leggere Aira potrebbe farci dire il contrario: anche la sua opera, come quella di Rugendas, ha uno splendore di madreperla, ed è assai difficile non rimanerne conquistati.

 

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César Aira, nato in Argentina nel 1949, è uno dei più importanti autori latinoamericani contemporanei. Il Pittore Fulminato è stato pubblicato da Fazi nella collana Le Strade. Di César Aira abbiamo recensito anche Come diventai monaca

Vittoria Pauri
Vittoria Pauri

Alla domanda “Qual è il tuo motto?" non avrei esitazione a citare una frase di Gandhi: il miglior modo per trovare se stessi é perdersi nel servizio degli altri. Le due cose di cui non posso fare a meno sono la curiosità di capire ciò che mi capita intorno e un quadernetto su cui scrivo tutto quello che mi passa per la testa e su cui colleziono frammenti di libri, poesie e conversazioni.