Helga Maria Novak, l’atto di fede di una tedesca dell’est

Evelyn Richter Musikviertel, Lipsia 1976

Sono una tedesca dell’Est; ti vien dietro
come il fumo negli stoppini appena spenti

sono tedesca dell’est, ti cresce
come un fungo tra le dita dei piedi
conto i centesimi del mio marco
il soldato che non ho arruolato
ne mangia sempre la sua percentuale

sono tedesca dell’est e non solo
per la lingua
sono tedesca dell’est finché
i pali non marciscono
finché diffidenze e spie
insaporiscono le salse fatte in casa
me ne sto seduta al lato spoglio del tavolo

sono tedesca dell’est e trascino
dietro di me un grumo di speranza.

Questa meravigliosa poesia scritta da Helga Maria Novak è un canto d’amore per la sua terra. Esule, perché sgradita alle autorità della DDR, la Repubblica Federale della Germania dell’Est, Helga amerà sempre il suo paese, i paesaggi, la casa natale, nella quale con dolore si è formato il suo spirito solitario e ribelle, amante fino allo spasimo della natura. Lo esprime chiaramente nella sua lirica Fedeltà di cane:

sono fedele agli alberi come un cane

il salice squassato davanti a casa
su cui anni fa un fulmine è caduto
si innalza di notte nei miei sogni
e da lontano si odono i nostri lamenti

sui nostri due tronchi
sui nostri due corpi
sulle nostre due patrie.

Due patrie, dice Helga, perché prese la cittadinanza islandese, ma la sua terra, seppur l’abbia fino all’ultimo rifiutata, rimarrà nel suo immaginario, la sua patria ideale.

Conosciamo meglio questa inquieta scrittrice e poetessa, scomoda e per questo ignorata dal grande pubblico, grazie alla sempre elogiata rivista letteraria Poesia di Crocetti Editore, che nel numero 316 di giugno 2016 ha pubblicato una nutrita raccolta di poesie a cura di Paola Quadrelli.

Helga Maria Novak nacque a Berlino nel 1935. Sua madre l’abbandonò dopo il parto e il padre si suicidò, senza averla conosciuta.

Helga Maria Novak
Helga Maria Novak

Non è tutto. Fu data in adozione a una famiglia di Erkner, una cittadina del Brandeburgo, la cui madre adottiva era dura e prepotente e il padre conservatore e debole di carattere.

I terribili anni dell’infanzia e della prima adolescenza Helga li racconterà nel libro autobiografico Die Eisheiligen (Santi di Ghiaccio), mai tradotto in Italia, come molti altri suoi libri purtroppo. S’iscrive al collegio per la formazione della classe dirigente del Partito della neonata DDR. Erkner si trova nella parte Est della Germania, quella che pagherà il prezzo più alto per l’eredità della Seconda Guerra Mondiale.

Il nuovo ambiente l’entusiasma e così aderisce al collettivo dei consentanei, dove partecipa attivamente. La nostra giovane poetessa spera di trovare nella politica quel calore, quell’amore e quella condivisione che le è mancata in famiglia.

nessuna madre mi ha mai nutrito
ne mi ha cambiato una camiciola
colei che mi mise al mondo sentì
solo la propria sofferenza
io per lei non fui mai
libera ero all’età di tre giorni

Nella poesia Nessuna madre mi nutrì, la Novak si racconta, usando versi poco ricercati, quasi gettati a caso, manciate d’emozione, semplici quadri, che ci mostrano una donna tormentata, dall’intelligenza critica, che ha pagato per essere coerente con le sue idee; che ha amato molto ma sempre con grande rispetto per sé stessa «libera ero all’età di tre giorni».

Rogier Mellis, Berlin Marzahn 1983
Rogier Mellis, Berlin Marzahn 1983

Il sodalizio con la politica del Partito frana davanti alle contraddizioni contro le quali si scaglia la personalità eclettica della Novak. L’autoritarismo dell’educazione impartita nel collegio, unito al dogmatismo politico, spengono qualsiasi incanto verso un regime, che si rivela opprimente. Gli anni del collegio saranno narrati nell’unico libro tradotto in lingua italiana Vogel Federlos (Volava un uccello senza piume).

Nel terzo libro autobiografico Im Schwanenhals (La Tagliola) la Novak ci racconta dei suoi anni universitari e di come la Stasi (il Ministero per la Sicurezza dello Stato) incombeva con la sua fitta rete di delatori e collaboratori, su qualsiasi iniziativa universitaria o sociale.

sono tedesca dell’est finché
i pali non marciscono
finché diffidenze e spie
insaporiscono le salse fatte in casa
me ne sto seduta al lato spoglio del tavolo.

È in questo clima che matura il rifiuto di Helga a obbedire a un ordine impartito dalla Stasi, motivo per il quale è severamente punita con la proibizione a frequentare la facoltà di Giurisprudenza e con l’obbligo a lavorare in fabbrica per un anno.

Il lavoro inteso come strumento rieducativo, rivolto a chi imbratta strade o danneggia strutture di pubblica utilità per atti di vandalismo, mi sembra una giusta punizione educativa, ma è deplorevole l’utilizzo a scopo repressivo, cosa purtroppo comune a tutti i regimi totalitari, nessuno escluso.

Ribelle e anticonformista, la nostra Helga fugge illegalmente in Islanda con un ragazzo, che poi sposa, ma l’idillio dura un anno appena. Ama troppo la sua terra e così prova a tornare, si reca a Lipsia e accetta di scrivere un’autocritica al suo comportamento e di andare a lavorare in una fabbrica di elettrodomestici.

Ci prova la nostra Helga, affamata d’amore, a vivere tra la sua gente, ad assoggettarsi a un regime opprimente; ma non dura a lungo e così rientra in Islanda con il secondo marito e un figlio, Alexander.

Evelyn Ricther, Berlino, anni '70
Evelyn Ricther, Berlino, anni ’70

La Novak ebbe due figli, Alexander e Nina, ma non crebbe nessuno dei due. Le vicende politiche, l’irrequietezza caratteriale e forse la sua incapacità d’amare, perché mai veramente amata, la portarono lontano dai suoi figli. Ne parla in modo toccante nel poema Del Grande Sconforto; 

per due volte ho dato via un figlio
partorito dal mio grembo
per loro non avevo cibo caldo
e affidati a cure altrui
lamentano tutti e due a gran voce
che ho dimenticato il loro nome.

Nel periodo del disgelo, intorno al 1965, anno della pubblicazione del suo primo libro di poesie, Ballade von der reisenden Anna (Ballata per la girovaga Anna), mai tradotto, la Novak rientra nuovamente a Lipsia e tenta l’iscrizione a un prestigioso istituto di studi letterari. Qui conosce letterati come la poetessa Sarah Kursh e intreccia una relazione con un dissidente di spicco Robert Havemann. Sono anni fervidi d’incontri, si sta avvicinando il ’68 e un po’ ovunque si sente aria di rivolta e d’insoddisfazione.

Nel 1966 la DDR revoca alla poetessa la cittadinanza per “sentimenti sovversivi“; così,  munita di un passaporto islandese, la Novak si trasferisce prima a Francoforte sul Meno, dove parteciperà ai movimenti per l’occupazione delle case, poi si trasferirà a Berlino Ovest. Sono anni in cui la scrittrice/poetessa, dietro la spinta politica e sociale, compie numerosi viaggi, partecipando attivamente alla Rivoluzione dei Garofani in Portogallo e con Solidarnosc in Polonia.

La Polonia con le sue terre sabbiose e con le foreste di conifere, tanto simile al Brandeburgo, la sceglierà come patria nel 1987 e ci resterà fino alla morte avvenuta nel 2013.

a casa mia fioriscono i ciliegi
la terra fresca dissodata sputa larve
e lombrichi e odora forte.

A casa mia, poesia da cui sono tratti questi versi d’incipit, è un acquarello a tinte tenui, dove ci sembra di sentire l’odore dell’erba dei boschi e di avvertire sotto i piedi il muschio.

Evelyn Richter, Nordhausen 1970
Evelyn Richter, Nordhausen 1970

nei boschi l’erba dell’anno passato diventa così asciutta
che puoi stendertici sopra
[…] solo il muschio sciaborda ancora sotto i piedi
e conserva al suolo un vino asprigno

per una donna dalle mille terre, questo senso di casa, di appartenenza a una terra che non ha nazione, politica, confini ma è solo natura. È «il cuculo canta/ cinquanta volte»; è l’animo agreste e semplice di questa complessa e semi sconosciuta artista.

Ci sono mille Helga Maria Novak da raccontare, tante quante le sue esperienze di donna, che ha preso in mano la vita, «libera fin dal terzo giorno» come dice lei, e da buona tedesca ha costruito sul suo vissuto doloroso, una casa interiore solida e capace di sopportare i numerosi terremoti della vecchiaia.

Disincantata e ribelle, anticonformista e femminista, è una donna scomoda, una scrittrice e poetessa che ha usato la letteratura per raccontare, per denunciare, cercando e trovando in se stessa l’amore, che non ha avuto e non ha saputo fino in fondo dare.

Invitandovi a leggere l’articolo di Paola Quadrelli su Poesia, vi lascio con dei versi che a una donna non possono non che scuotere nel profondo. Noi tutte siamo le donne giraffa, abbiamo anelli invisibili, e questi è legata la nostra esistenza. Per chi si ribella la punizione è sempre la stessa: il taglio degli anelli, la morte per fame. Helga Novak, con la sua Illustrazione di un castigo, ci dice molto di più di un trattato sulla condizione femminile, se leggiamo attraverso i suoi versi:

la mia testa reclinata
ha pena delle donne giraffa
nella “ terra dei molto gloriosi”
se ne vanno in giro
per valli erbose
portano le loro teste di giraffa
cento e più anelli di rame
in strati sovrapposti attorno al collo

per le valli di Kayak
fra tre colline
dondolano i loro colli lunghissimi
rilucenti come olio antico
ma l’ondeggiare altero dei loro crani
è segale marcia nel vento
mai fu più insensato dire “su la testa“
e “coraggio“

perché solo l’infedeltà libera
le donne giraffa dai ceppi
la rottura degli anelli di rame
è il castigo per l’adulterio
un collo senza muscoli e tendini
davvero l’uomo
ha fatto sbocciare fiori diabolici.

 

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Le poesie sono state tutte tratte dalla rivista Crocetti, già citata, che nella nota bibliografica informa che a sua volta le ha tratte dal volume antologico, uscito a Francoforte sul Meno nel 2005, a cura di Michael Lentz.

Silvia Leuzzi
Silvia Leuzzi

Ho un diploma magistrale e lavoro come impiegata nella scuola pubblica da oltre trent'anni. Sono sposata con due figli, di cui uno disabile psichico. Sono impegnata per i diritti delle persone disabili, delle donne e sindacali. Scrivo per diletto e ho al mio attivo tre libri e numerosi premi di poesia e narrativa.

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