Elizabeth von Arnim, La fattoria dei gelsomini

Elizabeth Von Arnim, La fattoria dei gelsomini

Immaginatevi avvolti da un’estate torrida, spossati da un caldo umido che si insinua fin dentro il vostro spirito, rendendovi insofferenti a tutto ciò che vi circonda; fate un’immensa fatica a mantenere l’impeccabile contegno che dovreste avere in quella situazione. Siete infatti a Shillerton, la casa di campagna dei Midhurst, nobile famiglia inglese di antico lignaggio e immenso prestigio, dove siete stati invitati per il fine settimana. Per essere stati inseriti nella lista degli invitati dovete essere persone molto rispettabili, di specchiata onestà e degne di riguardo. Potrete parlare per mesi ai vostri conoscenti dei giorni trascorsi nella dimora dei Midhurst, anzi, per non lasciare adito a dubbi sulla veridicità delle vostre parole, durante la vostra permanenza potrete spedire loro delle lettere con lo stemma della famiglia e il timbro postale di Shillerton.

Tutti vi guarderanno per molto tempo con quel misto di ammirazione e invidia che vi farà sentire così maledettamente importanti… ecco, maledettamente è una parola che proprio non potete pronunciare, a casa Midhurst! Dovete mantenere un linguaggio consono alla candida probità del luogo. Però quel caldo appiccicoso fa davvero perdere il controllo, e se a ciò aggiungete il sapore acidulo dell’uva spina che il cuoco vi ha rifilato in ogni portata da quando siete arrivati e la mancanza di perizia di Lady Daisy Midhurst, siete giustificati per i vostri pensieri insofferenti e irriverenti. Vi sareste aspettati decisamente di più da un soggiorno del genere, e anche gli altri invitati sembrano concordare con voi. Tutti siete visibilmente a disagio. Nell’aria aleggia palpabile una domanda: cosa sta succedendo? La noncuranza della padrona di casa è un presagio dell’imminente scontro tra Scandalo e Rispettabilità?

Ancora non sapete cosa succederà di lì a poco, ignorate l’esistenza della Fattoria dei Gelsomini dove Daisy si rifugerà a breve, forse per ritrovare la lucidità perduta o forse per nascondersi dall’accanimento del vociferare altrui. La Fattoria dei Gelsomini, un luogo senza nulla che protegga dal silenzio, senza valletti in livrea e cameriere ossequiose: il posto ideale per raccogliere e ricomporre i frammenti di sé, con il privilegio di stare sotto una coltre di stelle e di potersi immergere in effluvi di fragranze e cinguettii.

Elizabeth Von Arnim La fattoria dei gelsomini

«Indubbiamente la Fattoria dei Gelsomini della sua povera amica era un luogo che favoriva il rilassamento, un luogo dove prendersi un lungo periodo di riposo, a patto che si disponesse di pace interiore. Riusciva a immaginare se stesso che soggiornava spensierato alla fattoria per un lungo periodo di riposo, e nella pace del luogo smetteva di preoccuparsi per cose che immaginava importanti ma che in realtà, se le osservava con il senno di poi, da una prospettiva a volo d’uccello, non lo erano affatto.»

La materna devozione altruistica delle madri nei confronti delle figlie, la solitudine, la frivolezza e le convenzioni sociali e che si sgretolano di fronte al dolore sono solo alcuni dei temi trattati dalla Von Arnim con sferzante ironia e con un linguaggio di grande impatto, seppur nella sua scorrevole delicatezza.

«Le si presentò il ricordo indistinto di come fosse rimasta estasiata la prima volta che aveva visto quei campi trapunti di fiori. Antichi incanti, antichi entusiasmi, antiche speranze; com’erano pallidi ed esangui quegli slanci assassinati.»

All’inizio il racconto procede lento, con una messa a fuoco graduale dell’ambiente e un’inquadratura ravvicinata e minuziosa di ogni personaggio e situazione. Poi, dopo il primo grande colpo di scena, è un susseguirsi di risvolti totalmente inaspettati. Per cogliere la bellezza di questo racconto è necessario dunque superare l’ostacolo della prima ottantina di pagine, in cui la narrazione procede a rilento tra dialoghi spezzati, digressioni e pensieri reconditi dei personaggi. Dopodiché, si viene completamente coinvolti dai dissidi interiori di Lady Daisy, di sua figlia, e di quanti ruotano intorno a loro, e non si può fare a meno di immedesimarsi nelle loro reazioni e risoluzioni. Pur essendo stata scritta più di tre quarti di secolo fa, è una storia di estrema attualità e intramontabile fascino. Non resta allora che augurarvi buona lettura, con un invito a non «lasciar sfuggire la sostanza cercando di afferrarne l’ombra».

 

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Mary Annette Beauchamp, oggi conosciuta come Elizabeth Von Arnim, è nata in Australia nel 1866 e cresciuta in Inghilterra. Ha scritto ventuno romanzi, tra cui Il giardino di Elizabeth o Il circolo delle ingrate. La fattoria dei gelsomini è stato recentemente ripubblicato da Fazi Editore

Vittoria Pauri
Vittoria Pauri

Alla domanda “Qual è il tuo motto?" non avrei esitazione a citare una frase di Gandhi: il miglior modo per trovare se stessi é perdersi nel servizio degli altri. Le due cose di cui non posso fare a meno sono la curiosità di capire ciò che mi capita intorno e un quadernetto su cui scrivo tutto quello che mi passa per la testa e su cui colleziono frammenti di libri, poesie e conversazioni.