Mi ri-chiamo Dog, Dylan Dog: L’alba nera

Dylan Dog L'alba nera

L’albo dei morti viventi – IV

 

Mi chiamo Dog, Dylan Dog.

(Dylan Dog  L’alba nera, n. 401, p. 7)

 

Dylan Dog si presenta a noi ex novo, come fece nella tredicesima pagina del primo albo.

La postura, lo sguardo e le sculture che riempiono la stanza sono gli stessi, tuttavia le differenze si fanno già notare: non c’è più un primo piano; le tecniche di disegno sono altre; il look del protagonista è cambiato; nella vignetta successiva non ci sarà Groucho a dire «Non dategli retta, è solo una reincarnazione, il vero Dylan è morto nel 1686», ma in compenso un buon gruppo di lettori esclamerà «Non dategli retta, è solo una reincarnazione, il vero Dylan è morto nel 1986».

L’ Alba nera, il numero 401 di Dylan Dog, è il primo albo della nuova era. Una rinascita che, come gli autori vogliono, sorge dalle ceneri: «Dylan cambia, facendo un passo indietro (…) e due passi avanti[1]

Infatti il caso proposto ripercorre la trama de “L’alba dei morti viventi”, esordio di Tiziano Sclavi e di Angelo Stano.

Sybil Browning, indagata per l’uccisione del marito, affida un misterioso incubo a Dylan Dog: il marito John Browning torna dal lavoro, malconcio e malato… morente le chiede una pallottola in testa, che non arriverà mai; il suo corpo nella notte l’aggredisce e per legittima difesa, viene ucciso… di nuovo. Cosa era accaduto realmente? Secondo lo scienziato che si stava occupando dell’autopsia del cadavere, egli era affetto dal virus dell’immortalità.

La storia proseguirà con l’attacco degli zombie, eliminati da Dylan e dai suoi compagni; un ultimo frame su uno Xabaras spettatore. Cosa ci aspetterà nel numero 402 “Il tramonto rosso”? La trama verrà stravolta o la presenza delle “ceneri” sarà ancora importante? Secondo me entreremo nella novità palpitante, ma è solo una supposizione, lo scopriremo leggendo…

Inoltre la maggior parte dei personaggi riaffiora dal passato, in quanto li abbiamo incontrati nel già citato fumetto L’Alba dei morti viventi, nel romanzo da cui è nato Dylan Dog Dellamorte e dellamore di Tiziano Sclavi, nel numero 182 Safarà e infine nel volume I racconti di domani di Tiziano Sclavi e di Gigi Cavenago.

Questo è il passo indietro…

L'alba nera dylan dog
La citazione di James Bond che ricorre nel primo numero del 1986 e nel 401, di febbraio 2020

i due passi avanti, invece, riguardano prima di tutto i disegni, opera di Corrado Roi: digitali, caratterizzati da ombre alternate al buio e da chiaro-scuri per sottolineare le scene più cruente.

In merito al lavoro di Gigi Cavenago, che ha realizzato la copertina e il frontespizio, il parallelismo con la tavola di Claudio Villa viene spontaneo: è riscontrabile la comune influenza delle locandine del film di Romero, la generale presenza del macabro, del cimitero e dei morti viventi, dettagliatamente nel frontespizio possiamo intravedere il medesimo paesaggio (l’albero, l’alba, gli zombie e la famosa Revolver Bodeo 1889). Tuttavia sono presenti i nuovi personaggi, il cambio look di Dylan Dog, l’effetto di “lucido-celebrativo” della copertina, il bollino “un nuovo inizio!”e il logo “666” che contrassegnerà un ciclo di avventure costituito da 6 albi (la miniserie dovrebbe comprendere i numeri dal 401 al 406).

A proposito di scritte simboliche, tre curiosità risaltano immediatamente all’occhio del lettore:

  • La sigla “continua” invece che “fine” al termine dell’albo, in quanto, come sopraccennato, la storia si comporrà di una seconda parte, ossia il numero 402, particolare che ha caratterizzato anche il ciclo della meteora;
  • Il biglietto da visita a pagina 8, nel quale è segnata una mail, simbolo della predominante presenza di tecnologie tra le novità, e un numero telefonico composto dal prefisso “666”, progetto di una nuova era oscura, e la data di uscita del fumetto di esordio “L’alba dei morti viventi” 26/09/1986;
  • Il titolo argenteo e metallico sul lato, che attraverso l’ausilio di una luce puntata sul bordo, può divenire nero, effetto che trasforma le parole “L’alba nera” in divertente realtà e accende la curiosità dei collezionisti.

Tornando al discorso sulle vignette, invece, a farne da protagonista sono i nuovi elementi: un’oscurità travolgente, la massiccia presenza di tecnologie e una forte nota di violenza e azione.

La prima è utilizzata al fine di incutere maggior terrore. La seconda è riscontrabile nell’attrezzatura di Bloch, tra cui un computer, nella mail di Dylan, negli strumenti del Dottore, nella vettura e nel ricetrasmittente della polizia, nell’automobile all’ultimo grido di Xabaras, nelle armi, nella pagina internet sul tablet di Dylan; tecnologie che si trovano in contrasto con il clarinetto e con il Maggiolone bianco dalla targa “DYD666” di Dylan Dog: infatti Rania chiama un carro attrezzi per rimuovere “il rottame abbandonato”.

L’ultimo punto, che non aveva mai caratterizzato in modo così evidente Dylan Dog, trova il suo esempio nelle scene che riguardano l’attacco degli zombi e la loro eliminazione: un numero di pallottole infinito, la spietatezza del coltello di Dylan, la crudezza della pala di Gnaghi, le teste mozzate, i corpi mutilati e fiotti di sangue ovunque.

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Foto di Rebecca Restante

Inoltre numerosi sono i grandi assenti, primo fra tutti Groucho, che si tenta di richiamare con la frase «Gnaghi, passami la pistola![2]» e le freddure di Jenkins, braccio destro del sovrintendente di Scotland Yard, Bloch. Grande perdita a mio avviso, che permette, però, al fumetto di colorarsi di atmosfere più macabre, violente, crude, realiste e tristi.

Con Groucho manca anche la Revolver Bodeo 1889 e il suo lancio. In aggiunta un altro elemento del passato sembra nascondersi tra i ricordi offuscati del protagonista, ossia il Galeone, che intravediamo solo a pagina 15 dietro la sua schiena. Infine mancano alcune atmosfere caratteristiche, tra cui l’erotismo e il romanticismo, solo accennati e la presenza di numerose citazioni extra testuali.

Invero Dylan Dog è stato sempre caratterizzato da citazioni esterne o interne alla sua opera, sia a livello di sceneggiatura che di design attraverso semplici poster o altri oggetti. In questo caso, invece, sembra perdersi questa qualità, poiché appaiono predominanti le citazioni ai titoli “L’Alba dei morti viventi”, “Dellamorte e dellamore”, “Safarà” e “I racconti di domani”, come il massiccio utilizzo del nero sullo sfondo che non permette la presenza di alcunché.

Il secondo dei passi avanti, invece, viene mosso da Roberto Recchioni, colui che ha curato il soggetto e la sceneggiatura.

In primo luogo, il fumetto non è suddiviso in parti, a differenza dell’albo di esordio che constava tre parti e due sottotitoli “Dottor Xabaras” e “L’orrore”; tuttavia il numero 401 ripercorre la prima parte de “L’alba dei morti viventi” e si presuppone che il numero 402 rincominci dal “Dottor Xabaras”, rispettando la suddivisione iniziale. In merito alla porzione di trama trattata, oltre ai cambiamenti antecedentemente sottolineati, Recchioni dà maggiore spazio a ciò che nel primo albo consideriamo un semplice “retroscena”, ossia il lavoro della polizia: l’azione degli agenti, il colloquio con Bloch e la sua ricostruzione.

In secondo luogo, le trasformazioni riguardano il protagonista: il look, il carattere, le attitudini, le qualità, le relazioni e i comportamenti di Dylan Dog.

Il nuovo Dylan

L'alba nera, Dylan DogA livello visivo, appare più “scompigliato”, infatti la cintura non esiste più, i capelli sono disordinati e la barba che “lo rende più attraente” è folta;

  1. Non sembra ricordare come si suoni il clarinetto né come si guidi il Maggiolone, ma il suo sguardo e il suo quinto senso e mezzo sono gli stessi di allora;
  2. Non è astemio, ma un alcolista; utilizza il telefono (pagina 97: «…ma non avrei diritto a una telefonata?»);
  3. Ha un cappotto che lo protegge dal freddo, per la felicità di Bloch che glielo consigliava da tempo;
  4. Ha un matrimonio alle spalle;
  5. Sembra che abbia una minore conoscenza culturale, in quanto ricorre a un minor numero di citazioni e appaiono minori oggetti sullo sfondo (non sto dicendo che ciò sia azzerato!);
  6. Emerge un animo meno pacifico, più dedito all’azione e alla violenza;
  7. Appare propenso a rapporti omosessuali (pagina 98: Dylan «Dicono che mi renda più attraente…», Bloch «Per le donne o per gli uomini?», Dylan «Che differenza fa?»);
  8. È un uomo senza passato, che identifica Bloch come suo padre.

La questione sul passato di Dylan Dog è alquanto complessa: in parte ancorata a “Dellamorte e dellamore” di Tiziano Sclavi, di cui il protagonista sembra essere un alter ego di Francesco Dellamorte, in quanto ex guardiano del cimitero (anche il ruolo di Gnaghi ricalca le orme del romanzo, nonché dello “Speciale di Dylan Dog n.3 L’Orrore nero”); in parte legata al passato che caratterizza la collana, dunque ex poliziotto, indagatore dell’incubo, l’acquisto del clarinetto comprato da Safarà e la presenza di personaggi già conosciuti.

In questo il fumetto sembra fare ben due passi indietro, ma altrettanti ne fa in avanti, poiché le novità riscontrabili sono numerose: il look, le relazioni, l’alcolismo, l’approccio con la tecnologia e il nuovo grado di Bloch, sempre stato ispettore sino alla pensione (n.340 “Mai più, ispettore Bloch”), ora promosso sovrintendente, ancora in carriera; il secondo step delle novità riguarda le mancanze: Groucho e gli oggetti a lui legati, infatti i clienti non suonano più il campanello urlante, Groucho non apre la porta, non li accompagna e non porta loro del tè o del cibo, ospitalità degne di un buon maggiordomo, la casa viene mostrata di sfuggita e nessuno tirerà la pistola a Dylan.

L'alba nera Dylan Dog
Dalla ristampa dell’Alba dei morti viventi del giugno 1999

L’analisi sul passato ci permette di fare delle ipotesi curiose, due tra tutte si configurano nella mia mente: una vita parallela immaginaria e un’amnesia.

Il primo percorso che voglio strutturare riguarda, appunto, l’influenza di Dellamorte dellamore e L’alba dei morti viventi: supponendo che Dellamorte dellamore abbia dato luce a Dylan Dog, forse la vita di Francesco Dellamorte corrisponde al mondo reale, mentre Dylan Dog sino al numero 400 è la fantasia di quest’ultimo, che necessita di un mondo parallelo per poter sopravvivere alla realtà perché “i mostri siamo noi!”. Oppure Francesco Dellamorte potrebbe essersi immedesimato nella storia di un personaggio letterario oppure ancora potrebbe vivere una realtà distorta per colpa dell’alcolismo: ciò spiegherebbe il mash-up tra le due storie nel numero 401.

Un’altra spiegazione del mix, tornando alla prima ricostruzione, potrebbe essere il fatto che in momenti di maggiore lucidità o a causa del percorso di liberazione dall’alcolismo o in un periodo di maggior accettazione della realtà, Francesco si ritrovi a sentirsi solo in parte Dylan Dog e per il resto se stesso.

Il secondo cammino che vorrei percorrere, riguarda tutti i tratti precedentemente analizzati che appaiono come dimenticanze o istinti provenienti dal passato: il clarinetto, il Maggiolone, il “passami la pistola!”, il “Giuda ballerino!”, il quinto senso e mezzo e le poche citazioni (tratto che a me ha fatto pensare ad un adolescente che sta appena costruendo le sue basi per dar luce alla sua vita lavorativa, alla curiosità di un bambino che scopre il mondo, ad una nuova scoperta o a un uomo senza passato).

Mi fa supporre che un trauma abbia sconvolto la propria psiche e l’abbia costretto a dimenticare e rifugiarsi nell’alcol. Ma la realtà dimenticata era quella sino al numero 400, che man mano tornerà, oppure era questa che sta ricordando attraverso la cura dalla dipendenza e forse altri percorsi psicologici? E poi quale trauma può aver vissuto: fisico o psichico?

Una grande domanda che mi viene spontanea pormi è: quanto c’entra Groucho con questo trauma? Perché ora non c’è? È morto, è colpevole o anche lui sta vivendo la stessa situazione?

Spero soltanto che nel numero 402, lanci a Dylan Dog la Revolver Bodeo 1889, ripercorrendo la famosa scena de “L’alba dei morti viventi”: il frontespizio lascia spazio alla speranza, in quanto Dylan afferra la pistola.

Per concludere, mi sembra un cambiamento degno di considerazione, senza analizzare il fatto se fosse necessario o meno, poiché è stato trattato in maniera originale e professionale, attraverso un grande lavorio e un forte studio. Sento di approvarne le sfumature.

Tuttavia una nota di dissenso, da fan, la devo lasciare: ridateci Groucho!

Rebecca Restante
Rebecca Restante

Sono nata a Roma nel 1999. Diplomata al liceo linguistico e studentessa dell'università La Sapienza. Sono in cerca della mia manifestazione tramite la letteratura