Delirio in Berners Street

The strand

Chi è quel giovanotto dall’aria allegra che occhieggia dalla finestra della casa situata esattamente di fronte al numero 54 di Berners Street, Londra? Non lo riconoscete? In fondo non vi posso biasimare, sembra che stia facendo di tutto per non farsi vedere. Anzi, se non vi avessi informati della sua presenza non l’avreste probabilmente neanche notato. Va’ come si nasconde dietro le tende! Pare che abbia troppo da fare per fermarsi a fare due chiacchiere… Ma non perdiamoci d’animo, mi assumo io l’onere delle presentazioni. Quel simpatico giovane, moro e ricciuto, è Theodore Hook.

Come! Chi è Theodore Hook? Ma a teatro non ci andate proprio mai? Il giovane Teddy, il figlio dell’organista! Quello che ha cominciato ad improvvisare versi prima ancora di togliersi il ciuccio dalla bocca! No, eh? Niente. Beh, vorrà dire che imparerete a conoscerlo. Non ora, però, ora dobbiamo assolutamente levarci dai piedi per spostarci all’interno della bella casa di cui abbiamo parlato prima, quella che sorge al numero 54. Su, signori miei, spicciamoci. Il sole è già alto, e questa bella mattina di Novembre del 1810 ha ancora parecchio di che stupirci.

Nei primi anni dell’ ‘800, Berners Street è quella che si potrebbe definire una strada ben pettinata. È situata in un’incantevole zona della Londra chic, dalle parti di Oxford Street, e conta tra gli inquilini dei suoi palazzi importanti personalità quali il vescovo di Carlisle e quello di Chester, il duca di Stanhope e qualche lady Vattelappesca il cui nome oggi non ci direbbe nulla, ma ai tempi evocava immediatamente l’idea di preziose stole di visone e interminabili colliers di diamanti.

In mezzo a tutte queste teste non coronate ma incredibilmente ganze, ha la sua residenza anche una tale Mrs. Tottenham[1], una rispettabile signora che i giornali dell’epoca definiscono laconicamente “a woman of fortune”. Tradotto: una signora per bene il cui nome non è tuttavia abbastanza chiacchierato da giustificare l’assenza di una spiegazione di circostanza a seguito del suo nome su una pagina stampata.

Sia come sia, Mrs. Tottenham è comunque una coi quattrini, e in quanto tale ha una cameriera che le risparmia l’incomodo di andare ad aprire la porta quando qualcuno bussa. E quindi, quella mattina del 26 novembre, è proprio la nostra solerte cameriera a dirigersi verso la porta d’ingresso quando, poco dopo colazione, qualcuno comincia a scampanellare con insistenza.

Theodore Hook
Theodore Hook

La cameriera si trovò davanti un venditore di carbone, con tanto di carretto traboccante del nero combustibile parcheggiato davanti alla casa. Notando l’espressione stranita della servente, l’uomo si affrettò a tirar fuori dal taschino un foglietto. In esso lo si pregava di presentarsi al numero 54 di Berners Street quella mattina con un carico completo di carbone: la stessa padrona di casa, Mrs. Tottenham, lo pregava della massima sollecitudine.

La brava cameriera cadde dalle nuvole, forse dovette pensare che la padrona si fosse dimenticata di informarla. Volò quindi in salotto a chiedere istruzioni, ma la sua stessa espressione stranita si dipinse anche sul volto della padrona di casa, che non aveva ordinato nulla del genere. L’uomo, congedato con mille scuse, venne quindi cortesemente pregato di andarsene. L’uomo, cortesemente imprecando, se ne andò.

Trascorsero pochi minuti, troppo pochi perché Mrs. Tottenham potesse concludere la sua tirata contro il popolino londinese che, for God’s sake, si faceva sempre più disorganizzato, e una nuova scampanellata richiamò la cameriera ai suoi doveri nell’atrio. Stavolta, quando aprì la porta, trasecolò decisamente.

Due uomini con un pianoforte caricato a forza sulle spalle chiedevano con una certa premura di poter entrare perché sa com’è io ci avrei anche l’ernia e poi questa è solo la prima consegna della mattinata e non so neanche se alla sera ci arrivo. La cameriera ebbe un bel da fare a spiegare che loro il pianoforte ce l’avevano già e funzionava ancora benone, ma i due insensibili bruti non vollero sentir ragioni: il biglietto che avevano ricevuto da Mrs. Tottenham chiedeva un pianoforte nuovo da consegnarsi quella mattina, e la loro ditta non avrebbe di sicuro accettato ripensamenti dell’ultimo minuto.

I tre stavano ancora lì a litigare, quando dalla porta aperta entrò con fare spiccio un parrucchiere con due garzoni di bottega al seguito. Ad un cenno del Figaro i due deposero cerimoniosamente sul pianoforte un assortimento di parrucche. «Andarmene?

Mon Dieu, c’est impossible! Ho dovuto rinunciare alla permanente della duchessa di Stacippesbury per venire qui, il biglietto di Mrs. Tottenham recitava “molto urgente”! Nossignora, io non… ah, quelle horreur!» Un sarto, approfittando della confusione, era entrato quatto quatto dalla porta aperta rovesciando il suo intero campionario di mantelli sulle parrucche del coiffeur, le cui grida di sdegno furono solo a fatica sovrastate da quelle dell’esasperata cameriera. Dalla porta del salotto si affacciò infine Mrs. Tottenham in persona, che solo a prezzo di un poco signorile sfoggio di volgarità riuscì a sbattere fuori dalla porta quella folla agitante in mano strani biglietti di convocazione con la sua firma.

La porta si richiuse solo per riaprirsi pochi istanti dopo: un intero corteo funebre, completo di quattro necrofori, una bara di mogano e un carro con cavalli neri stazionava ora davanti al numero 54 di Berners Street. «E… e voi?!» sbottò la cameriera, portando la mano destra a toccarsi quella parte del corpo che non aveva. «Omaggi, signora. Ci porti dalla salma, per favore: il biglietto di Mrs. Tottenham dice che sta già cominciando a puzzare.» «Puzza? Chi ha parlato di puzza?» esclamò il profumiere che nel frattempo si era fatto avanti fino alla porta di casa. La cameriera allora si affacciò dall’uscio, e per la prima volta ebbe il coraggio di guardare in strada.

Berners Street Hoax
Lo scherzo di Berners Street in una vignetta d’epoca

Mobilieri, dottori, cassepanche, carrettieri, cavalli, becchini, carbonari, musicisti, un organo da camera portato a spalla da sei uomini, birrai, parrucchieri, botti, vetturini, carrozze, cuochi, valletti, cameriere, preti, bambinaie, calessi, borse, un topolino, un gatto, un cane, che al mercato mio padre comprò. Un’interminabile teoria di rappresentanti della più varia umanità sfilava con disordinata caciara lungo la via, ostruendo quasi del tutto il passaggio e puntando decisa verso un unico punto di raccolta: l’uscio del numero 54 di Berners Street. Mrs. Tottenham, che aveva avuto la malaugurata idea di buttare un occhio fuori dalla finestra, svenne all’istante.

Se la cameriera avesse richiesto l’immediato intervento di un dottore di certo ne avrebbe trovata una qualche dozzina a portata di mano, ma bontà sua non lo fece. Sprangò invece la porta e si preparò a sostenere l’assedio, che non si preannunciava breve: col passare delle ore la calca, ben lungi dallo sgomberare la via, la ingombrò del tutto. Un’infinità di curiosi, attirati da quell’inusuale assembramento, ostruì anche le ultime fessure che consentivano il passaggio attraverso quella siepe umana. Poi, nel pomeriggio, arrivarono le autorità.

Il Comandante in capo della città, l’Arcivescovo di Canterbury, poliziotti, preti e ufficiali come se piovessero presero a sgomitare tra la folla per raggiungere la casa in cui un biglietto inviato loro dalla proprietaria, tale Mrs. Tottenham, li pregava di recarsi in tutta urgenza per questioni di straordinaria importanza non rivelabili per iscritto.

Lo stesso Sindaco di Londra, come poi ebbe a spiegare alla polizia, “«aveva ricevuto una lettera da una signora di Berners Street circa il fatto che era stata convocata in Municipio, che si trovava ormai in punto di morte, che desiderava fare una deposizione sotto giuramento e che avrebbe considerato un enorme favore se Sua Signoria si fosse recato da lei[2]». Sua Signoria, inutile dirlo, ci era cascato in pieno. Come ci erano cascati in pieno i più di duecento disgraziati che avevano ricevuto un biglietto simile e che ora berciavano e si spintonavano davanti alla casa della povera, povera Mrs. Tottenham.

In mezzo a quella Babele, che proseguì per tutto il giorno e tutta la notte, se pure qualcuno alzò gli occhi a guardare verso la finestra della casa antistante a quella che sorgeva al numero 54 nessuno vide nulla. Nessuno vide un ragazzo di ventidue anni che, seminascosto dietro una tenda, se la rideva a crepapelle tenendosi la pancia per contenere gli spasmi.

Chi l’avesse visto avrebbe potuto vedere in lui l’autore di trecento biglietti spediti ad altrettanti artigiani, artisti, politici e prelati londinesi. Avrebbe potuto vedere in lui l’ideatore della colossale burla che, ideata per motivi tuttora ignoti (si parlò di scommessa, si parlò di ricerca di fama), fece tanto scalpore da entrare negli annali della storia inglese. Avrebbe potuto vedere in lui un discreto musicista, un buon poeta, un geniale prankster: il solo, l’inimitabile Theodore Hook.

 

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La notizia del Berners Street Hoax conobbe ben presto una vastissima circolazione, e questa fortuna contribuì non poco ad alterarne gli originali dettagli storici. Mentre la natura dello scherzo e l’identità del suo autore sono ormai accertate, tutti i libri dell’ ‘800 e del ‘900 che ho potuto consultare al riguardo differiscono in un gran numero di particolari quali l’anno e il giorno in cui fu messo in pratica (1809 o 1810, 26 o 27 Novembre, etc.), il movente e le personalità che vi furono coinvolte. Questa ricostruzione non ha pertanto la pretesa di essere del tutto esaustiva riguardo alla collocazione cronologica del fatto e ai minimi dettagli del suo effettivo svolgimento.

Federico Franchin
Federico Franchin

Sono nato a Monza nel 1991 e vivo a Milano. Ho una spiccata tendenza a occuparmi di scrittori e musicisti giudicati minori o semisconosciuti, perché seriamente convinto che anche a loro faccia piacere sentir pronunciare il proprio nome, ogni tanto.