Charlotte Salomon, storia di un’opera tra le due guerre

Charlotte Salomon

Una notte di novembre del 1913 la diciottenne Charlotte Grunwald lascia la casa dei suoi genitori e si lancia tra le acque del lago Schlachten, a Berlino. Inizia così il capolavoro di un’altra Charlotte, sua nipote, che ne condivide il nome.

Charlotte Salomon nasce a Berlino il 16 aprile del 1917, quando in Europa imperversava la Grande Guerra. È l’unica figlia di Albert Salomon e Franziska Grunwald, una coppia benestante che si è conosciuta in un ospedale da campo all’inizio della prima guerra mondiale. Franziska é la sorella maggiore della Charlotte morta suicida, e ha scelto di diventare infermiera per cercare la pace interiore nel caos del conflitto. Albert é diventato chirurgo per amore dello studio e della scienza.

Franziska, nata in una famiglia ricca e cresciuta con un’educazione borghese, è di carattere sentimentale, lo stesso che trasmette alla figlia. Con il matrimonio spera di riuscire a fuggire dall’atmosfera triste e opprimente che regna in casa dopo il suicidio della sorella. Un giorno, quasi all’improvviso, smette di provare piacere per qualsiasi cosa. Continua a giocare e ad accudire la figlia, ad aiutare il marito nel suo lavoro, a intrattenere cene con il suo consueto buonumore, ma niente di tutto questo le dà più gioia. Semplicemente perde ogni voglia di vivere. In un attimo entra nella stanza da letto, apre la finestra e si getta nel vuoto.

Ancora una volta la signora Grunwald, la nonna di Charlotte, non piange, ma i suoi occhi sembrano penetrare nelle profondità più profonde del mondo. Dalle punte più alte dei suoi capelli alle giunture più lontane dei suoi piccoli piedi, il dolore si diffonde in tutto il suo corpo.

A Charlotte, che all’epoca ha 8 anni, viene detto che la madre era morta d’influenza. Nonostante tutto Charlotte vive un’infanzia relativamente tranquilla ed agiata. Viaggia spesso con i nonni nel sud dell’Europa, come tanti bambini della sua età fa dispetti alle governanti e ama leggere romanzi d’amore e giocare a tennis. È in questo periodo che scopre la sua passione per il disegno che la accompagna per il resto della vita. Nessuno in famiglia la ritiene particolarmente talentuosa, ma decidono lo stesso di assecondarla.

Charlotte Salomon

Nel 1930 Charlotte raggiunge la malinconica età dell’adolescenza. Il padre si risposa con Paula Lindberg, cantante lirica di fama e talento e dal fascino quasi alla Marlene Dietrich. Charlotte stessa non ne è immune e in poco tempo la sua testa si riempie dell’immagine della matrigna e dei sentimenti contrastanti che le suscita. Ammirazione, gelosia, invidia, affetto. Paula però prende a cuore le sorti della ragazza e in poco tempo diventa una figura chiave per la crescita e l’educazione di Charlotte, spingendola a seguire la sua passione per il disegno e trasmettendo l’amore per la musica.

Il 30 gennaio 1933 sale al potere il partito nazista. Albert Salomon è costretto a lasciare il suo posto all’università per tornare ad operare nell’ospedale ebraico. Anche Paula, nata Levi, deve entrare nel Kultural Deutschen Juden, il centro culturale per ebrei tedeschi, per poter continuare a cantare ed insegnare. Questi eventi storici sfiorano appena la vita di Charlotte che continua a vedere il futuro davanti a sé. Paula e Albert, per paura che eventuali turbamenti emotivi potessero spingere la figlia a gesti estremi, la tengono in una bolla di cristallo, grazie anche al loro benessere economico. Nel 1935 riesce anche ad entrare nell’Accademia di belle arti, unica allieva ebrea in una scuola completamente ariana, riuscendo anche a portare avanti gli studi con successo.

La notte tra l’8 e il 9 settembre 1938, la bolla tanto faticosamente costruita e mantenuta dalla famiglia Salomon scoppia. È la notte dei cristalli. In tutta la Germania atti di distruzione e violenza vengono compiuti contro la comunità ebraica. Vetrine distrutte, scuole e sinagoghe bruciate, pestaggi, arresti indiscriminati. Decine di migliaia di persone vengono deportate nei campi di Dachau, Buchenwald e Sachsenhausen. Albert è tra questi. Per sua fortuna, però, Paula si conferma una donna di grande fascino ed intelligenza e riesce a farlo rilasciare.

I Salomon decidono di lasciare la Germania, divenuta ormai troppo pericolosa. Albert e Paula si sarebbero diretti ad Amsterdam, per poi dirigersi negli Stati Uniti. Charlotte avrebbe raggiunto i nonni, che nel 1934 si erano trasferiti a Villefranche-sur-mer, vicino a Nizza.

L’invasione nazista della Francia e le notizie dal fronte sono la goccia che fa traboccare il vaso per Marianne, la nonna di Charlotte. Il dolore che l’ha perseguitata per tutta la vita per la morte di entrambe le figlie, ma che era stato in qualche modo tenuto in sospeso dalla sua educazione borghese e dai continui viaggi nel sud dell’Europa sembra essere riemerso alla piena coscienza a seguito dello scoppio della guerra. È Charlotte a trovarla chiusa in bagno, con una corda stretta intorno al collo, ma che ancora respira. Passa le due notti successive al suo capezzale.

È in questo momento che il nonno le racconta tutta la tragica storia della sua famiglia. Di sua zia Charlotte che si è gettata tra le acque del lago, di Franziska, sua madre, che contrariamente a quello che lei aveva sempre creduto, l’aveva seguita buttandosi dalla finestra di camera sua. Lo stesso identico modo che sceglie Marianne poco dopo, quando riesce a recuperare le forze per fare i pochi metri che separano il suo letto dalla finestra.

Charlotte Salomon, Vita? o Teatro?
Charlotte Salomon, Vita? o Teatro?

A Charlotte crolla il mondo addosso. Quella che era stata la sua vita fino a quel momento era solo una menzogna. In quel momento capisce di essere legata ad un destino di dolore e ad una fine precoce. Anche lei avrebbe seguito le orme delle donne della sua famiglia. Si costringe a fare una scelta. O seguire subito la fine a cui il lato materno della sua famiglia l’ha destinata o dedicarsi a qualcosa di così folle ed estremo per poter dare un senso al tempo che le rimane. Sceglie di prendere carta e pennello e di raccontare, così che almeno una parte della sua storia possa salvarsi dall’oblio a cui è destinata.

E mentre in tutta Europa la guerra infuria, Charlotte si siede vicino al mare e guardò nel profondo del cuore dell’umanità. Divenne la Charlotte di cui porta il nome, divenne sua madre, sua nonna e ognuno dei personaggi che compaiono nella sua commedia e raccontò le loro storie seguendo le strade che la vita portò loro a percorrere.

Per 18 mesi Charlotte dipinge, scrive, trasportando sulla tela quella melodia che aveva in testa che così perfettamente si abbinava alla storia che voleva raccontare. Febbrilmente, con dedizione e disperazione, è consapevole del fatto che i suoi momenti di felicità si sono conclusi e la sua arte era tutto ciò che le rimane. La primavera è tornata e sente il tempo a sua disposizione esaurirsi velocemente. Poco importava se ad arrivare prima sarebbe stata la Gestapo o quella fine a cui il lato materno della sua famiglia l’aveva destinata. Deve completare la sua opera. Ad ogni costo.

Nell’estate del 1942 mette la parola fine al suo lavoro. Lo intitola Vita? O Teatro?

Quella di Charlotte Salomon è un’opera grandiosa, una serie di circa 800 dipinti realizzati con la tecnica del guazzo. Linee spezzate, frastagliate, senza contorno e colori brillanti e fortemente espressivi, accompagnati da testi scritti su fogli trasparenti o direttamente sulla carta. Il tutto diviso in scene e atti, con un prologo, che racconta della storia della sua famiglia e della sua infanzia, di una sezione centrale, con la sua storia con Wolfson e l’epilogo ambientato in Francia, dopo la fuga da Berlino. Accompagna il tutto con una selezione di musica, che variano dalle canzoni tradizionale tedesche ed ebraiche, alla canzonetta anni ’30, passando per l’immancabile musica classica tanto amata da Paula. Una vera e propria opera teatrale, raccontata nei tre colori primari.

Le persone si muovono sulla carta e diventano personaggi, prendendo nomi musicali. Paula Lindberg, ad esempio, diventa Paula diventa Paulinka Bimbam, in onore delle campane di Mahler e di quelle presenti nella musica Yiddish; Ludwig e Marianne Grunwald, invece, prendono il nome di Knarre, cigolio in tedesco, ad indicare il loro essere inflessibili e imponenti, ma allo stesso tempo fragili ed anziani.

Charlotte Salomon
Charlotte Salomon

Charlotte infine sceglie per il personaggio che la interpreta il nome di Kann, Può. Un nome che è insieme una presa di consapevolezza delle sue capacità e un buon auspicio per la riuscita della sua opera: Charlotte Kann. Charlotte può.

Nel 1943 anche nonno Grunwald muore e Charlotte conosce Alexander Nagler, un ebreo austriaco anch’egli rifugiato a Villefranche-sur-mer. Il 17 giugno si sposano. Quei nomi ebrei sui documenti non sfuggono alla Gestapo che il 21 settembre bussa alla loro porta.

Charlotte, consapevole dell’ineluttabilità della cosa, affida Vita? o Teatro? ad un amico di famiglia con il compito di consegnarlo a Ottile Moore, la donna americana che diede rifugio ai nonni di Charlotte e a cui l’opera è dedicata. Cinque scatole foderate di stoffa.

C’est toute ma vie. È tutta la mia vita.

Charlotte ed Alexander arrivano ad Auschwitz il 1 ottobre 1943. Lui muore tre mesi dopo a causa dei lavori forzati. Lei, incinta di quattro mesi, non supera la selezione.

Una notte di novembre del 1913, la diciottenne Charlotte Grunwald lascia la casa dei suoi genitori e si lancia tra le acque del lago Schlachten, a Berlino; un giorno d’inizio ottobre del 1943, le ceneri della ventiseienne Charlotte Salomon vengono portate via dal vento sopra ad Auschwitz.

Vita? o Teatro? riesce a sopravvivere alla guerra. A conflitto terminato viene consegnato ad Ottile Moore, la quale, nel 1946 lo dona ad Albert e Paula che tornano incolumi da Amsterdam. Non avevano idea del fatto che Charlotte potesse essere in grado di concepire un’opera d’arte di tale portata. Nel 1971 donano il manoscritto al Jewish Museum di Amsterdam che si è impegnato a esporlo in tutta Europa e non solo, affinché la storia di Charlotte e della sua famiglia venga conosciuta e ricordata.

 


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Maria Elena Villa
Maria Elena Villa

Ho avuto la fortuna di nascere e crescere in un posto un po' magico vicino a Milano, dove i compleanni si festeggiano su montagne di granturco, si gioca a fare teatro e i racconti dei nonni si tramandano intorno ad un camino acceso. Amo le belle storie, in qualsiasi modo vengano raccontate.