Figlie di una nuova era di Carmen Korn: quattro donne negli Anni Venti

Figlie di una nuova era

Amburgo, Marzo 1919: l’inizio del racconto delle vite di quattro donne nate agli albori del ventesimo secolo, che vivranno durante le tenebre dei due conflitti mondiali. Henny, Käthe, Ida e Lina sono molto diverse per estrazione sociale, convinzioni politiche, inclinazione caratteriale, ma hanno una cosa in comune: sono le figlie di una nuova era.

Per trasmettere la bellezza di questo romanzo, proverò a raccontarvi non tanto la trama, quanto piuttosto l’atmosfera, partendo dai colori che la costruiscono. Quelli predominanti, visto il periodo storico, sono indubbiamente il rosso e il nero, non stendhaliani ma politici. Da un lato ci sono i comunisti, dall’altro i nazisti. In mezzo si trovano moltissime persone che stentano a credere che le cose volgeranno al peggio, o che si rifiutano di riconoscere la verità.

– I tempi sembrano tutt’altro che austeri… a quanto pare ci aspettano marce e trionfi formidabili. Però credo che il nero sarà il colore dominante.
– Ti riferisci ai deliri di quell’Hitler? Non credi sia finita, dopo il fallito Putsch della birreria?
– Io credo di no, purtroppo.

Sono in pochi a rendersi conto della pericolosità di Hitler, che riusciva nel suo intento di incendiare gli animi di ampissime fasce del popolo. Käthe, che tra le protagoniste è quella schierata politicamente, comunista convinta, appartiene a questi pochi, e ha una visione assai lucida dell’imminente bufera:

Käthe era incerta quanto Rudi. Sapeva però di trovarsi in un momento decisivo della storia. Qui sto , non posso fare altro . Non che Martin Lutero le interessasse molto. Aveva fatto la cresima nel 1914 insieme a Henny, ma già allora i suoi dubbi erano più grandi della sua fede. Oggi credeva a una sola cosa: Hitler andava fermato. Era un pericolo senza fine per qualunque essere vivente.

Carmen Korn, Figlie di una nuova era

Il nero rappresenta anche il buio dei tempi, la penuria che dilaga nel paese durante la Seconda Guerra Mondiale e il lutto per le file di morti che s’ingrossano.

Sono rossi il vino e l’uovo che vengono dati alle partorienti nella clinica Finkenau, dove lavorano Käthe ed Henny come ostetriche. Le partorienti, prima della guerra e della scoperta della penicillina, morivano spesso di febbre puerperale, emorragie e infezioni, e spesso, per alleviare le sofferenze o la denutrizione, c’era bisogno di ricorrere a ricette casalinghe come uovo e zucchero.

Il velo di polvere ricopre tutto dopo i bombardamenti su Amburgo; si posa ovunque, persino sui gerani rossi, che nel linguaggio dei fiori rappresentano il conforto. È grigio l’orizzonte di struggimento, è grigio il cielo dalle ore contate dal quale cadranno le bombe.

Il giallo è il colore dell’arredamento della casa di Ida, viziata rampolla di buona famiglia, costretta ad un matrimonio di convenienza; è il simbolo di una vita lussuosa, di sete e apparenze, ma sostanzialmente vuota, almeno finché, ormai adulta, non deciderà di liberarsi dalla corazza delle convenzioni sociali: solo allora arriverà la felicità, e il giallo sarà solo un ricordo sbiadito.

Il bianco è innocenza, la spensieratezza che, talvolta, si riesce a ritagliare nel buio, quando si sta con chi si ama, o quando si trova un fratello d’anima in un luogo inaspettato. È il colore della speranza, come cantava la canzone: “quando il bianco lillà fiorirà ancora…”. È il colore predominante nella casa dei cocktail di Lina e Louise… non vi svelo altro: scoprirete il resto leggendo questo romanzo, il primo di una trilogia.

Le storie delle quattro donne, e dei molti personaggi che gravitano loro intorno – che sono così ben delineati da rendere assai sfumata la distinzione tra di loro, personaggi secondari, e le protagoniste – sono raccontate in brevi flash, dai rispettivi punti di vista. La Storia è filtrata dai loro occhi e punti di vista, senza particolari analisi o approfondimenti; talvolta vengono sinteticamente raccontati i fatti, altre volte soltanto le loro conseguenze psicologiche e sociali. Lo sfondo storico e l’apparato narrativo sono costruiti talmente bene da far pensare che l’autrice sia vissuta in quel periodo; è stata quindi una sorpresa per me leggere nella sua nota biografica la sua data di nascita: 1958.

Ciò che mi è piaciuto di più di questo romanzo è che abbraccia l’interezza della vita umana: l’amore, il dolore, lo struggente desiderio di maternità e l’assenza di questo, le convenzioni… la lista sarebbe infinita. Per questo mi sento di poterlo consigliare davvero a chiunque. E, come se non bastasse, Carmen Korn ci aiuta a ricordare gli orrori della storia, e che funge da monito più che mai attuale:

Dal nazionalismo al populismo, e da questo al più bieco fascismo, il passo era breve.

 

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Carmen Korn (Düsseldorf, 1952) è una giornalista e scrittrice tedesca. Ha pubblicato numerosi romanzi, sia per adulti sia per ragazzi, molto spesso organizzati in serie. I più recenti fanno parte della triogia Jahrhundert (in italiano trilogia del secolo), il primo della quale è Figlie di una nuova era, pubblicato in Germania due anni fa e oggi pubblicato in Italia da Fazi Editore.

Vittoria Pauri
Vittoria Pauri

Alla domanda “Qual è il tuo motto?" non avrei esitazione a citare una frase di Gandhi: il miglior modo per trovare se stessi é perdersi nel servizio degli altri. Le due cose di cui non posso fare a meno sono la curiosità di capire ciò che mi capita intorno e un quadernetto su cui scrivo tutto quello che mi passa per la testa e su cui colleziono frammenti di libri, poesie e conversazioni.