A visual protest: una mostra non autorizzata per un artista non autorizzato

Banksy a visual protest

Banksy, uno degli artisti più conosciuti del terzo millennio (e se non lo conoscete, leggete questo nostro articolo e scoprirete di esservi già imbattuti in una delle sue opere più instagrammate) è il protagonista di una mostra al Mudec di Milano dal 21.10.2018 al 14.04.2019.  Si tratta di una mostra particolare: è la prima monografica di Banksy ospitata in un museo pubblico italiano.

Una mostra non autorizzata

Realizzare mostra su Banksy non è un’impresa semplice. È un artista tanto comunicativo e tanto autoesplicativo che ogni commento alle sue opere se non ben calibrato risulta immediatamente lapalissiano. E il rischio di spiegare Banksy secondo la classica impostazione da manuale di storia dell’arte riducendo quelle che sono creazioni vive in materiale da teca polverosa, era visibilmente in agguato.

La buona notizia è che la mostra del Mudec rispetta Banksy nella struttura e nello stile: siamo lontani anni luce dalla retorica accademica e cattedratica tipicamente museale e, anche se un po’ di interattività in più non sarebbe guastata, non ci si annoia assolutamente. L’audioguida (consigliatissima) è una narrazione a tre voci, con tre stili diversi, che vivificano le opere commentandone aspetti non sempre immediati da cogliere, mostrando la filosofia e il pensiero dell’artista citando direttamente le poche interviste (o commenti) rilasciati da Banksy stesso.

Banksy a visual protestEssendo una retrospettiva ed essendo la missione del Mudec la divulgazione delle opere visive e performative, si tratta indubbiamente di una mostra didattica, ma godibile e apprezzabile a più livelli, in base al grado di interesse e di approfondimento desiderato. Si passa dalla semplice passeggiata culturale con foto di rito all’immagine della bambina con il palloncino a cuore, alla visita completa di videodocumentario finale con interviste ai protagonisti del panorama underground di Bristol.

Per poter operare nel modo più libero possibile (e per alimentare un’immagine mitica ed evanescente?), l’identità di Banksy è ancora avvolta nel mistero. Così come l’artista opera su superfici e in zone non autorizzate, anche la mostra del Mudec non è autorizzata dall’artista. Sebbene l’allestimento rispetti la filosofia dell’artista non presentando lavori sottratti da spazi pubblici, ma solo opere di collezioni privati di provenienza certificata, visitare la mostra significa porsi in una posizione ambivalente.

Non si fruisce l’opera originale all’aperto, nel suo ambiente originario, ma si gode dell’artista attraverso copie e riproduzioni, in museo, al chiuso, pagando un biglietto, rispettando il classico protocollo di fruizione dell’arte. In poche parole, si fa l’esatto contrario di ciò che Banksy sostiene, in quanto fermo oppositore del sistema (e soprattutto dei meccanismi del sistema artistico e collezionistico). Tuttavia, la sussistenza dell’artista è proprio legata al mondo del collezionismo che tanto disprezza e deride (nota è l’asta in cui l’opera della bambina con il palloncino, acquista per 1,2 milioni di sterline si è autodistrutta).

Banksy police kids 2006

Banksy gioca con i collezionisti e con il sistema stesso, da una parte rilasciando copie certificate e firmate delle proprie opere, e dall’altro continuando ad operare nell’anonimato, nell’illegalità, per le strade. Più il visitatore si addentra nella mostra, più ha percezione e consapevolezza delle antitesi di Banksy, antitesi che coinvolgono passo dopo passo anche il visitatore stesso: l’interesse per Banksy e il desiderio di approfondire le sue opere e il suo pensiero si concretizzano nella volontà di visitare l’esposizione milanese, una mostra in cui il sistema museale e artistico contemporaneo viene completamente deriso e ridicolizzato. Ma il visitatore, con il suo ingresso, sta foraggiando proprio il sistema irriso dall’artista. Ma forse tale conoscenza non era presente nel visitatore prima dell’ingresso alla mostra, ma si tratta di un’informazione acquisita durante la mostra stessa!

Questo loop gnoseologico e la rappresentazione della crudeltà e della profonda incoerenza del nostro mondo, impongono una riflessione. Si ha quasi la riflessione che gli stencil divengano quasi degli specchi, specchi metaforici, in cui si vede la propria immagine al contempo distorta e nitidamente riflessa.

Essenziale, netto e dritto al punto, Banksy si serve delle icone e dei feticci dalla società per mostrarne i contrasti e i paradossi: dal bambino denutrito preso per mano da Ronald McDonald, ai bambini che corrono in giubbotto antiproiettile, agli uomini della pietra che cercano di cacciare un carrello della spesa. La critica e la derisione riguardano non solo il sistema economico e politico (basti pensare all’immagine della scimmia con le fattezze la corona Elisabetta), ma anche etico e morale (come la rappresentazione della tristezza per la fine dei saldi è espressa mediante i tratti di un’immagine sacra).

Banksy a visual protest

La mostra però fa luce anche le contraddizioni dell’artista stesso, che fin da subito ha voluto vendere il proprio talento. Ben prima di vedere le proprie opere batture all’asta per milioni di dollari, ha realizzato copertine di album e vinili, vendendo la propria prestazione artistica. La mostra del Mudec non solo raccoglie questi pezzi, ma dà la possibilità di ascoltare le canzoni dei diversi gruppi con lui Banksy ha collaborato.

Perché visitare la mostra?

  • perché la mostra permette di avere uno sguardo diacronico sul percorso dell’artista, mostrandone l’evoluzione e avendo modo di apprezzare le diverse opere in modo più olistico
  • perché la mostra spiega, o almeno ipotizza la ragione di alcune scelte stilistiche, come il passaggio dall’iconografia allo stencil per motivi di rapidità nell’esecuzione in situazioni e su superfici non autorizzate
  • perché inserisce l’artista in una prospettiva storica e filosofica, mostrando i punti di contatto e di ispirazione con altri artisti da Andy Warhol al sessantottino Atelier Populaire
  • perché dà valore ad ogni opera, non solo concentrandosi sull’opera in sé, ma sull’artista come sistema valoriale di riferimento
  • perchè tanti Banksy tutti vicini tutti assieme non li trovi nemmeno su Google Images!

Perché non visitare la mostra?

  • perché non ci sono gli originali, ma solo in riproduzioni
  • perché la street art nasce e vive in strada e non è ontologicamente museale
  • perché si perde la dialettica tra opere e ambiente che si può avere solo nel sito originario di esecuzione
  • perché il mio prossimo viaggio sarà una ricerca degli originali di Banksy in giro per il mondo.
Ilaria Rossini
Ilaria Rossini

Creatività e curiosità in terra milanese dal 1994. Mi sono laureatata in Lettere Moderne con una tesi sulla riscrittura funzionale e in magistrale in Comunicazione per l'impresa, i media e le organizzazioni complesse all'Università Cattolica del Sacro Cuore.Le mie passioni: il marketing, la comunicazione, la corsa e i biscotti con le gocce di cioccolato. Ogni giorno cerco di scoprire e imparare qualcosa di nuovo, perchè come dice Einstein: “The important thing is to not stop questioning. Curiosity has its own reason for existing”.