Emozioni a colori e sfumature di pensieri in Vieni via di Nicola Viceconti

Manifestazioni studenti messico'68

…solo se si resta indipendenti dalle dottrine politiche si può ragionare con la propria testa senza cedere a quel conformismo endemico che trascina e coinvolge chi, accecato dall’ideologia, si schiera impulsivamente.

Eccoci di nuovo a parlare dell’instancabile e istrionico Nicola Viceconti il quale, a nemmeno un anno dal libro Cartoni… animati e altri racconti, presenta un nuovo romanzo, genere a lui tanto congeniale, dal titolo Vieni via, pubblicato con la casa editrice Ensemble.

Vieni via è denso di politica, di morale ma anche e soprattutto di amore e di filosofia, con il pregio di essere scritto in maniera semplice e comprensibile.

Nicola non è nuovo a questo genere d’intreccio tra fantasia e storia, in cui il messaggio etico ed educativo trova nella sua prosa morbida e accattivante un punto di fusione, che digrada verso la dolcezza della poesia.

La ricerca perenne della parola è per lo scrittore un cammino di maturazione. Questo libro segna un passo avanti nella ricerca di Viceconti, perché questo romanzo va oltre la storia, oltre il ruolo etico del messaggio educativo. Affonda le parole nei tortuosi meandri della mente e dei comportamenti umani e usa il viaggio Parigi – Vladivostok – Città del Messico, come metafora della vita al pari di un Omero o di un Dante.

Il personaggio principale è un anziano docente, il cui nome è Franco Solfi, ma che per necessità di anonimato ha cambiato in Enrico Ceccarelli. Vive a Parigi da moltissimi anni e ama da sempre una donna di nome Irina. Di lei ricorda ancora le ultime parole scambiate prima che svanisse nel nulla, fagocitata da una politica oppressiva e opprimente, qual era quella dell’Urss in piena guerra fredda.

«Ci hanno ingannato, Franco. Ci hanno ingannato! Ci hanno illuso con la loro ideologia, la loro propaganda e il loro finto paradiso di giustizia e libertà. Ci hanno annientato».

Nicola Viceconti
Nicola Viceconti

Sono tante le riflessioni politiche che Nicola dissemina un po’ ovunque in questo libro, mettendole in bocca a Franco, Irina, Faustine, Giovanni, Igor, El Gordo e agli altri personaggi anche occasionali. Sono le affinità ideologiche e la disillusione di una storia comune, che uniscono tutti e che consentiranno a Franco di ritrovare la sua Irina.

Quando si ha una certa età, la mente ha cassetti pieni zeppi di ricordi, alcuni di questi sono poco oliati perché chiusi da lungo tempo, ma basta un oggetto, un’immagine, un profumo, e pure il cassetto più ostinato si apre. Così è successo al nostro Franco, quando si è trovato tra le mani un suo vecchio cappotto di gioventù, che credeva aver perso nei lontani anni in cui frequentava l’Università in Unione Sovietica. Il come e il perché ritrova il vecchio pastrano non starò a raccontarvelo, perché il libro Vieni Via deve essere letto e non ha bisogno di interpretazioni.

Afferrai il cappotto con le mani e lo avvicinai al volto. Poi chiusi gli occhi e inspirai profondamente.

Tutto ha inizio da un cappotto con dentro un biglietto, che sembra una bottiglia trascinata dalle onde del tempo, che arriva a destinazione troppo tardi per i nostri desideri, le nostre illusioni. Il romanzo ci insegna invece che non è mai troppo tardi per rinascere, se abbiamo il coraggio d’infrangere quei desideri e quelle illusioni, accettando il dolore ma al tempo stesso godendo dei frutti della conoscenza di se stessi e del proprio vissuto.

…in ballo c’era un processo di introspezione necessario a farmi connettere con la parte più intima del mio essere, per capire chi fossi realmente…

La ricerca della donna amata è un pretesto, un mezzo attraverso il quale la memoria è stimolata a ricordare situazioni ed eventi ormai sepolti dagli anni. Dubbi e interrogativi, sui quali era stata posta una pietra tombale, trovano risposte impensate e impensabili.

La famiglia di Franco, composta da ex partigiani, comunisti fino al fanatismo, è il ritratto di una fetta di Italia che si è tappata gli occhi, davanti alla feroce dittatura sovietica. Il rifiuto verso le ragioni esposte dal proprio figlio, che invano cerca loro di spiegare quale fosse davvero la vita in Urss, servono a dimostrare l’ottusità ingenua di quella sinistra, che non ha sviluppato un pensiero critico e ha impostato la sua militanza su tre principi fondamentali, che saranno alla base della formazione politica del giovanissimo Franco Solfi e che naufragheranno insieme con le ideologie, riducendo i contenuti validi del comunismo a un ammasso informe di macerie:

Manifestazioni studenti messico
Manifestazione del movimento studentesco in Messico nel ’68

Sacrificio, emozione e divertimento: per me era quello il mondo del comunismo

Se gli antichi avevano la nave come mezzo di locomozione, il nostro Franco ha il treno e poi l’aereo per traghettare le sue speranze, le sue illusioni.

Il treno serve ad attraversare il gelo del nord, i ricordi dell’infanzia e della giovinezza, con tutto il loro peso e il loro dolore riaffiorano per mezzo di fotogrammi, ritmati dallo sferraglio monotono delle rotaie.

L’aereo è il presente, è la parte del viaggio nella quale si vola alto, lontano dal freddo grigiore delle steppe del passato. Il presente è il sole, l’aria leggera, il cielo azzurro spugnoso e la terra rossa del Messico.

Non saprei dire quanto tempo restai in quella posizione, ricordo però le persone in fila dietro di me che chiedevano il permesso di passare. Gentilmente.

Mi ha colpito quel «Gentilmente», seguito da un punto, proprio a evidenziare la particolarità dei messicani, con la loro pelle ambrata e i loro modi affabili, completamente diversi dai nordici russi, gelidi e taciturni come le loro steppe ghiacciate e i loro cieli grigi.

In queste descrizioni, fatte di schizzi di emozioni espresse con similitudini azzeccate e lucenti, come questa del sorriso del ragazzino di neppure dieci anni, che aiuta Franco a sistemare i bagagli nel taxi, rappresentano il punto più alto della ricerca, svolta finora da Viceconti, di amalgamare le sue diverse anime di sociologo, scrittore e poeta.

Gli sorrisi e lui ricambiò. Dalla sua bocca apparve una manciata di perle bianche, in contrasto con la pelle del viso, scura come terra bagnata.

Nicola Viceconti con l'editore
Nicola Viceconti con l’editore

Franco scoprirà che in Messico Irina ha trovato una nuova Patria, ma soprattutto una ragione per tornare a lottare, a coltivare una passione per la politica sana e priva di pregiudizi, non lasciandosi mai travolgere dal magma della disperazione, reagendo con coraggio e intelligenza, accettando con grazia e silenzio il declino imposto dalla vecchiaia.

Il finale tutto a sorpresa di questo libro contiene un messaggio positivo e incoraggiante, che dimostra attraverso la storia del suo personaggio, come sia importante accettare il nostro passato per vivere coerentemente nel presente, nell’oggi, liberi da ideologie e fanatismi. Perché non esiste una ricetta per la felicità, ma la felicità è esserci e amare la vita.

Ho posto a Nicola Viceconti alcune domande sul suo libro, che da lettrice ho ritenuto di voler approfondire e lo ringrazio a nome mio e della redazione per aver accettato di rispondere.

Come nasce questo libro?

Nasce dal triplice obiettivo di voler dare voce a una tipologia di militanti o di persone che nel vortice e nella passione dell’ideologia hanno dato se stessi e la vita; di rappresentare un ventaglio di possibilità di impegno civile e politico; di offrire ai miei lettori un stimolo di riflessione sull’ideologia dal punto di vista filosofico e sociologico.

Qual è la storia da cui hai tratto ispirazione?

In letteratura e nel cinema esistono diversi esempi di narrazioni dedicati alle tematiche in questione che si agganciano al periodo storico della guerra fredda o della guerra di Spagna. Il romanzo, inoltre, riporta in chiave romanzata alcuni fatti storici del Messico degli anni 40 e della fine degli anni ’60. L’ispirazione a scrivere Vieni Via è stata poi favorita da un interessante incontro con un pittore messicano conosciuto per caso, e oggi scomparso, con il quale ho approfondito in particolare la strage di Tlatelolco, nella quale persero la vita oltre 200 studenti appartenenti al movimento studentesco messicano.

Quanto di te, del tuo vissuto di uomo e di scrittore, c’è di Franco Solfi?

Se parliamo di Franco Solfi dal punto di vista ideologico e militante, devo riconoscere che questa tipologia di personaggio – utilizzato soprattutto nei romanzi “a chiave” – é meramente funzionale alla possibilità di offrire ai lettori più aspetti del tema socio-politico trattato. In questo senso, dovendo accostarmi a uno dei personaggi presenti nel testo, sicuramente sento di identificarmi con Irina, che ha privilegiato una modalità di impegno coerente con il suo tempo e contestualizzato con la società alla quale appartiene.

Se invece consideriamo Franco Solfi per la sua capacità di amare, non posso non riconoscere in questo personaggio un esempio di amore maturo e sublime.

Quanto ti è stata utile la finzione favolistica, per scrivere sulla verità?

Lo strumento della fiction ha il potere di fotografare la storia da una diversa inquadratura. La personale predilezione per questo genere di racconti mi consente di offrire un messaggio di verità, che pur rispettando quella storica vissuta sulle persone in carne ed ossa, si arricchisce del valore aggiunto di un’ulteriore verità, quella scaturita dal rapporto con il lettore.  Il patto di fiducia con quest’ultimo è garante della coerenza del messaggio.

Secondo te è azzardato dire che Franco Solfi è un simbolo di un pezzo d’Italia, le cui disillusioni hanno oggi distrutto, in parte o del tutto, la voglia e l’entusiasmo verso la politica, prova ne è il grande partito dell’astensionismo?

Credo che il fenomeno dell’astensionismo sia molto complesso e generato da più variabili in gioco. In alcuni casi la disillusione ideologica “potrebbe” sfociare in un generale senso di disinteresse e distacco per la politica, ma al contempo – come sostiene anche il poeta Robledano nella postfazione – potrebbe generare forme di militanza rinnovate e conformi a un diverso contesto storico. Nascono quindi altre forme di partecipazione.

I tuoi libri, e questo più degli altri, esprimono un’esortazione positiva alla forza interiore di ognuno di noi, mettendo al centro di ogni evento la capacità tutta umana di risorgere anche dall’inferno più oscuro. Quanto delle tue esperienze di vita ha influenzato lo scrittore e i suoi protagonisti?

Ognuno di noi nella vita attraversa periodi difficili nei quali la capacita di risorgere spunta in modo inaspettato. Si tratta di elaborazioni, spesso inconsce o favorite da eventi esterni come il biglietto ritrovato da Franco Solfi in un vecchio cappotto. Per quanto riguarda le influenze personali sull’essere scrittore e sulle caratterizzazioni dei personaggi, inevitabilmente chi scrive veicola nella propria produzione letteraria aspetti indelebili del proprio essere. Lo scrittore, soprattutto di romanzi ad ambientazione storica dedicati a tematiche sociali come quelle contenuta in “Vieni via”, dissemina nel testo anche il proprio modo di intendere la vita nonché un sentimento di positività e di speranza.

 


Vieni Via, già pubblicato nel 2016 in Spagna con la casa editrice Chiado Editorial e presentato alla Fiera Internazionale di Lisbona 2017, è risultato Vincitore (primo classificato) nella sezione Narrativa Inedita del “Premio letterario Città Cava dè Tirreni XXXIII edizione”. 

Nicola Viceconti vive a Roma, dove lavora come sociologo. Ha al suo attivo sei libri pubblicati da varie case editrici, sia in Italia che in Spagna e Argentina. “La Camera dei Deputati della Provincia di Buenos Aires, nella seduta del 20 maggio 2015, ha rilasciato allo scrittore e sociologo italiano Nicola Viceconti il prestigioso riconoscimento di “Visitante Ilustre” per la capacità di mantenere viva la memoria del popolo argentino attraverso i suoi romanzi che rappresentano differenti realtà e momenti storici centrali della cultura contemporanea e politica. Nicola Viceconti è da annoverare tra i pochi scrittori stranieri che con impegno e passione ha messo in risalto gli orrori dell’ultima dittatura argentina, contribuendo in tal modo, con spirito obiettivo, a diffonderne la conoscenza” (Comunicato Stampa dell’associazione 24 Marzo Onlus – 25 maggio 2015).

Silvia Leuzzi
Silvia Leuzzi

Ho un diploma magistrale e lavoro come impiegata nella scuola pubblica da oltre trent'anni. Sono sposata con due figli, di cui uno disabile psichico. Sono impegnata per i diritti delle persone disabili, delle donne e sindacali. Scrivo per diletto e ho al mio attivo tre libri e numerosi premi di poesia e narrativa.