Le anime travagliate di Richard Yates

Richard Yates

Undici solitudini è una raccolta di undici racconti che, per una coerenza cristallina, costa anche undici euro. Numero undici a parte, si tratta di una raccolta di short stories del 1962 di Richard Yates, autore del celebre romanzo Revolutionary Road, da cui è stato tratto l’ancor più celebre film omonimo con Leonardo DiCaprio e Kate Winslet, diventato il simbolo di una società in cui è più importante non trasgredire le convenzioni e non ribellarsi ai paradigmi della rispettabilità rispetto al perseguire i propri sogni e ambizioni.

Se dovessi definire le storie intessute da Yates con una parola, sarebbe senza ombra di dubbio universali: le undici solitudini racchiudono perfettamente il vissuto di ogni lettore, sia perché affrontano i più svariati aspetti della vita in cui tutti, prima o poi, ci imbattiamo (dalla scuola al lavoro, dalle aspettative in amicizia e amore alla malattia), sia perché è inevitabile fare propri i sentimenti dei vari personaggi per una sorta di naturale ed inarginabile empatia.

Non dobbiamo pensare a undici storie tristi di personaggi soli, anzi, spesso non lo sono affatto: Yates ci parla di anime travagliate che hanno però sempre una casa in cui tornare, dove qualcosa di delizioso bolle in pentola e una comprensiva famiglia li aspetta. Inoltre, non è nemmeno sempre così chiaro chi sia il personaggio che vive in solitudine: il ragazzino problematico o la maestra che, nonostante la buona volontà, non riesce ad instaurare con lui nessun rapporto e finisce per peggiorare la già precaria situazione? Il malato di tubercolosi costretto a vivere nel reparto dei malati infettivi o la moglie che lo va a trovare, accompagnata fin sulla soglia dell’ospedale da un nuovo compagno che, non comprendendo la fragilità della situazione, tenta prepotentemente di tirarla a sé sul sedile posteriore dell’auto? O ancora, il taxista che cerca uno scrittore a cui commissionare un panegirico di se stesso e delle mirabolanti esperienze che affronta quotidianamente o lo scrittore che accetta e rimane intrappolato in questo incarico poco redditizio e artisticamente svilente?

Le interpretazioni sono molteplici, e ancor di più gli spunti di riflessione, seppur rimangano ben camuffati: Yates, la cui esistenza e personalità erano le prime ad essere tribolate, era ben lungi dal volersi mettere in cattedra o dal voler svelare i segreti dell’esistenza, ma aveva piuttosto la volontà di mostrare comuni scorci di umanità senza edulcorarli né esasperarli.

Richard Yates

La scrittura è scorrevole e colorita, e invoglia a gustare i racconti uno dietro l’altro, anche se forse, per riuscire ad apprezzarli nella loro pregnanza, sarebbero da leggere con calma, anche per lasciarsi avvolgere ogni volta in un’atmosfera diversa, da quella di un’afosa Cannes a quella di un centro di addestramento per militari, condite da personaggi che spaziano dal buffo al patetico, costituendo una realistica palette di tipi umani.

Se siete tra coloro che, per decidere che libro comprare o prendere in prestito, leggono l’ultima pagina, vi consiglio in questo caso di non farlo: la conclusione dell’ultimo racconto è a mio avviso stucchevole e deludente. E’ però, per usare una metafora molto concreta, come essere a una cena con tantissime portate, una più succulenta dell’altra, e, alla fine, raggiunta la sazietà, mangiare un cioccolatino non esattamente buono: in confronto alla cena trimalchionica gustata in precedenza è un particolare irrilevante.

Il New York Times ha paragonato questi racconti a Gente di Dublino di Joyce, e Kurt Vonnegut l’ha definita addirittura «la miglior raccolta di racconti mai pubblicata da un autore americano»; quest’ultimo potrebbe essere considerato un giudizio spiccatamente di parte, vista la profonda amicizia che legava i due, ma certamente il parere del New York Times e l’unanime apprezzamento non lasciano adito a dubbi riguardo all’abilità di Yates. Così egli, che durante la sua vita godette di una fama altalenante, senza superare mai il tetto delle dodicimila copie, è ora universalmente riconosciuto come un pilastro della letteratura americana.

Richard Yates stesso aveva affermato di non voler soldi ma lettori: non resta dunque che andare a leggere questo autentico capolavoro.

 


Richard Yates (1926 – 1992) è stato uno scrittore statunitense, autore di romanzi e racconti. La sua prima opera, ed anche la più celebre, è Revolutionary Road,  del 1961; ha poi pubblicato, tra gli altri: Eleven kind of Loneliness (1962), A Special Providence (1969),  Disturbing the Peace (1975), Liars in Love (1981), Cold Spring Harbor (1986), tutti editi in Italia da Minimum fax.

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Vittoria Pauri
Vittoria Pauri

Alla domanda “Qual è il tuo motto?" non avrei esitazione a citare una frase di Gandhi: il miglior modo per trovare se stessi é perdersi nel servizio degli altri. Le due cose di cui non posso fare a meno sono la curiosità di capire ciò che mi capita intorno e un quadernetto su cui scrivo tutto quello che mi passa per la testa e su cui colleziono frammenti di libri, poesie e conversazioni.