Passeggiata in giardino, di Noè Albergati

Vincent Van Gogh Donna in un giardino

                                                        In ricordo di Frau F.

Forse ricordava vecchie passeggiate,
vecchie campagne, vecchi pomeriggi al sole,
oppure i raggi che scaldavano la pietra
chiamavano al tepore la sua pelle,
o forse, ammiccanti alle finestre,
le piante variopinte e tremolanti
le rendevano odiosi gli immobili
tavoli di legno sul parquet lucido.

Quando passeggiava in giardino
non camminava molto, fino alla strada,
ma quei pochi metri percorsi
erano una continua scoperta:
incessante meraviglia.
Ad ogni passo una nuova pianta
so rot grün oder gelb
und der blaue Himmel[1] attirava la sua attenzione,
il suo sguardo limpido ne ammirava
la semplice e serena presenza,
sul suo viso un sorriso di fanciulla innocente.

Poi, dopo una decina di wunderbar[2] rientrava nella casa anziani
già smarrita e dimentica di tutto.

 

Una delle poche liriche capaci di delineare il viso di una anziana donnina sulla sua sedia a dondolo è forse Field of Vision di Seamus Heaney. «I rememer this woman who sat for years / in a wheelchair, looking straight ahead / out the window, at sycamore trees unleafing / and leafing at the far end of the lane, ci dice Heaney in versi dolci e misurati; e solo Heaney si scosta da questo luogo ricorrente (luogo comune?) della vecchiaia come abbrutimento esteriore, e si concentra sull’avanzare dell’età come progressivo sfaldamento-rarefazione interiore, come progressivo perdersi delle strutture della maturità, il progressivo allentarsi di tutti quei legami e legacci, quei nodi che costituiscono un essere umano cosiddetto “adulto”.

Ecco, è su questa linea che Noè Albergati si inserisce, e in maniera del tutto spontanea, naturale: è una poesia che nasce da uno sguardo diretto sul mondo, non dall’erudizione. E non è, d’altra parte, un prodotto estemporaneo o naif. Il ritmo in alcuni punti davvero degno di lode, calcolato tra decasillabo e dodecasillabo, a ricercare una tradizione senza imitarla esplicitamente; la costruzione quasi narrativa del testo, fino a costruire un piccolo racconto in nuce; l’introduzione del tedesco, che spezza e rinnova il linguaggio, spostando il baricentro della lirica verso il basso: tutti elementi, questi, che mostrano un chiaro intento autoriale e una strategia espressiva perfettamente riuscita.

Lontano sia dal linguaggio edulcorato e farfalloso dei poeti della domenica (il poetese, come lo chiamava Sanguineti), sia da esasperati sperimentalisti, Albergati, come Bianca Brecce e Rudy Toffanetti, mostra come sia possibile per la lirica percorrere vie nuove senza perdere però se stessa, mantenendo al contrario una ben conseguita limpidità e la capacità, sempre rara, di affascinare il lettore.


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Gabriele Stilli
Gabriele Stilli

In tenera età sono stato stregato da quelle cose che si scrivono andando a capo spesso, e gli effetti si vedono ancora. Mi sono rassegnato, da diversi anni, a includere l’arte tra le discipline umanistiche e non nel rigoroso ambito delle scienze. Nutro ancora qualche dubbio, però.