Il bar delle grandi speranze: le parole che useresti tu

Henri Cartier Bresson 1

J.R. Moehringer: forse l’autore vi è sconosciuto.

In Italia ancora stenta a far parlare di sé, ma è uno scrittore e giornalista molto importante, oltre che premio Pulitzer 2000. Mi sono accostato a questo autore leggendo Open, l’autobiografia del tennista Andre Agassi, in cui Moehringer ha contribuito fortemente nella stesura e scrittura del libro come ghostwriter. In questi giorni mi sto dedicando all’altro suo romanzo, oltre a Il bar delle grandi speranze, (sì, per ora sono solo tre), Pieno Giorno, e posso dire che è uno di quegli scrittori di cui riconosceresti lo stile anche aprendo una pagina a caso.

Ma non è la bravura o lo stile ad avermi colpito. Quello che mi ha messo al tappeto è il flusso di vitalità che sprigiona ogni riga. Esistono scrittori, come Proust, che ti trascinano come onde attraverso il loro modo di vedere le cose, altri che preferiscono scolpire ogni parola come fosse una lapide a cui non puoi che inchinarti, come Faulkner. Moehringer semplicemente ti prende da parte e dice: queste sono le parole che useresti tu. Stiamo scrivendo questo libro insieme; tu leggi, io scrivo. Ma la voce interiore è la stessa. E se riesci a fare questo, sei davvero bravo: Moehringer ti tiene in pugno. Fa di te quello che vuole.

Il libro altro non è che la sua autobiografia: lo accompagni nei primi passi all’interno del bar con tutti quei personaggi strambi che in qualche modo cresceranno il giovane, diventando il sostituto di quella figura paterna mancante. Il suo primo appuntamento, e tu sei lì che ti sistemi i capelli ancora una volta prima di uscire; sei fiero di lui quando finalmente riuscirà ad ottenere la borsa di studio a Yale. E per ora, basta così: non vorrei rovinare troppo il gusto della lettura. Merita davvero.

Il bar delle grandi speranze

In fondo, il senso di questo libro sta proprio nel viverlo. Rivelare la trama sarebbe come dirvi cosa succederà a voi tra un anno o tra dieci. Quasi nessuno, credo, lo vorrebbe sapere. Io no di certo. Dove starebbe il gusto di una vita, senza le sorprese che ogni giorno ci riserva?

Il bar delle grandi speranze è un viaggio che vi regalerà qualcosa, portandovi via una parte del cuore quando tornerete dal mondo in cui siete catapultati. Le ultime pagine saranno amare, come gli ultimi giorni di vacanza. Tuttavia, c’è un rimedio: potreste sempre rileggerlo. E non è un male che esista una scappatoia: è un privilegio che nella vita vera manca, e che nella letteratura, invece, resta in maniera rassicurante. Un po’ come la mano che vi copre per metà il volto mentre guardate un film dell’orrore. La mano che fa parte di voi, di me, di chiunque: come la letteratura.

Quindi, se mai capitasse tra le vostre mani questa piccola perla di Moehringer, datele una chance. È come concedersi un dolce momento di riflessione con se stessi. Solo che, questa volta, sarà Moehringer ad essere lì con voi, tenendovi per mano e portandovi nel suo bar tra speranze e ricordi.

E di questi tempi trovare un libro così è veramente dura.

 

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J. R. Moehringer è nato a New York il 7 dicembre del 1964. Laureatosi alla Yale University, dal 1994 lavora come giornalista per il “Los Angeles Times”. Nel 2000 si è aggiudicato il Premio Pulitzer per il Giornalismo. Come romanziere ha esordito nel 2005 con Il bar delle grandi speranze. Ha inoltre lavorato come ghostwriter alla scrittura di Open, la biografia del tennista e sportivo statunitense Andre Agassi, considerata uno dei capolavori del genere biografico. Nel 2012 ha pubblicato un nuovo romanzo, Pieno giorno.
Mattia Lo Presti
Mattia Lo Presti

Cercatore d’Essere; Ignobile scrittore di poesie; Fanatico lettore onnivoro. Sono nato a Como nel 1993. Mi sono diplomato al Liceo Classico A. Volta lottando principalmente contro la pigrizia e la matematica. Dimenticavo: sono recidivo. Per questo, forse, mi sono laureato in Lettere Moderne (indirizzo filologico-letterario) presso l’università degli studi di Pavia. Ora vivo a Barcellona.